Comma 5 – (Modifiche al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162)
L’art. 315 bis c.c. individua la cornice generale del diritto del minore a essere ascoltato, prevedendo che il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. La presenza di questo principio generale, che discende dalle numerose norme sovranazionali in materia, fa ritenere necessario, in attuazione del criterio di delega contenuto nell’art. 1, comma 22, lett. dd), della l. n. 206/2021, che attribuisce al legislatore delegato il compito di attuare “il riordino delle disposizioni in materia di ascolto del minore, anche alla luce della normativa sovranazionale di riferimento”, che venga colmata una lacuna presente nella disciplina della negoziazione assistita in materia familiare.
Come noto, l’art. 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nell’introdurre e disciplinare l’istituto della negoziazione assistita in materia familiare non ha previsto alcuna disposizione in materia di ascolto del minore. La scelta normativa è coerente con il principio per il quale il primo luogo di ascolto del minore è nella famiglia, e i primi soggetti obbligati a garantire l’ascolto del figlio sono i genitori; per tali ragioni, allorquando tra i genitori vi è accordo per disciplinare consensualmente la crisi familiare e la fase della dissoluzione del rapporto, sia matrimoniale che di fatto, in merito alle condizioni dell’affidamento e mantenimento del minore, l’ascolto è adempimento che nella maggior parte dei casi può apparire superfluo, poiché sono gli stessi genitori, che nella fisiologica rappresentanza del minore e nella capacità di comprendere i suoi bisogni e le sue istanze, dovranno farsi portatori del di lui interesse.
Questa considerazione di carattere generale, tuttavia, non vale a escludere in assoluto la necessità o quanto meno l’opportunità di procedere all’ascolto del minore anche nell’ambito della negoziazione assistita.
Tale necessità può sorgere in particolare nei casi in cui nell’effettuare il controllo di rispondenza dell’accordo di negoziazione assistita agli interessi dei figli minori, il procuratore della Repubblica, al quale tale controllo è demandato dall’art. 6, comma 2, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, ritenga di non concedere l’autorizzazione prescritta e conseguentemente di trasmettere l’accordo al presidente del tribunale che deve fissare, entro i successivi trenta giorni dalla trasmissione, la comparizione delle parti. In questa fase pare quindi opportuno demandare al presidente del tribunale, chiamato a intervenire per verificare, nel contraddittorio con le parti, quale sia la migliore soluzione nell’interesse del minore, di procedere anche all’ascolto diretto del minore.
La disposizione in esame tende dunque proprio a colmare questa lacuna, prevedendo con la modifica dell’art. 6, comma 2, del d.l. n. 132/2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 162/2014, che il procuratore della Repubblica, quando ritenga che l’accordo raggiunto dalle parti non risponda all’interesse dei figli ovvero, in ogni caso, che sia opportuno procedere al loro ascolto, trasmette l’accordo, entro cinque giorni al presidente del tribunale, il quale, come la norma già stabilisce, fissa entro i successivi trenta giorni la comparizione delle parti. In questo contesto, una volta investito della richiesta del pubblico ministero, il presidente del tribunale può quindi procedere all’ascolto diretto del minore secondo le regole ordinarie, tenendo conto che l’ascolto è previsto per il minore che ha già compiuto gli anni dodici, ovvero anche di età inferiore laddove capace di discernimento, e deve avere luogo salvo che ciò sia in contrasto con il suo interesse ovvero manifestamente superfluo. Quest’ultima ipotesi si può ad esempio realizzare laddove il minore sia stato già ascoltato in altri contesti e siano acquisiti agli atti le risultanze dell’ascolto, ovvero se il profilo di dubbio che ha spinto il procuratore della Repubblica a investire il presidente del tribunale attenga a profili economici per i quali nessun apporto potrebbe avere la diretta audizione del minore.
La disposizione in esame, oltre a colmare le lacune indicate, ha il fine di agevolare la circolazione degli atti di negoziazione assistita in materia familiare in ambito internazionale e in particolare dell’Unione europea, in quanto tanto nel regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (che ha abrogato il regolamento (CE) n. 1347/2000), quanto nel nuovo regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio del 25 giugno 2019 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori (rifusione), l’ascolto del minore è requisito necessario per permettere la piena circolazione degli atti disciplinanti l’affidamento dei minori, in ambito europeo e internazionale. La presenza di una disciplina che non consenta in assoluto di procedere all’ascolto (come nella attuale formulazione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162) rappresenta un potenziale ostacolo alla circolazione di questi atti, ostacolo che l’intervento normativo in esame intende superare.