L’articolo 11-septies d.l. n. 132 del 2014 disciplina gli effetti dell’ammissione anticipata al beneficio e la procedura di conferma dell’ammissione anticipata. Il comma 1 contiene la clausola generale di validità dell’ammissione per l’intera procedura di negoziazione assistita e pone a carico della parte non abbiente l’onere di comunicare al proprio avvocato eventuali modifiche reddituali sopravvenute idonee a incidere sulle condizioni di ammissione. Si tratta di una necessaria norma di chiusura del sistema, considerando la brevità del termine di durata della procedura di negoziazione assistita e la prevedibile rarità dei casi in cui in concreto, in tale breve spazio di tempo, sopravvengano mutamenti del reddito, rispetto alla dichiarazione dell’anno precedente, tali da mettere in discussione il mantenimento del diritto al beneficio.
I commi 2 e 3 disciplinano la fase di conferma dell’ammissione anticipata, che deve essere attivata dall’avvocato che assiste la parte non abbiente, che è tenuto a documentare il raggiungimento dell’accordo contenente, ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, l’indicazione del relativo valore, al fine di individuare il parametro di liquidazione del compenso. In tal modo, la procedura di liquidazione viene snellita e limitata la possibilità che sorgano sul punto eventuali controversie avanti al Consiglio. Tale organo è tenuto a svolgere, oltre alla verifica formale di completezza della documentazione a corredo dell’istanza, anche la valutazione di congruità del compenso, determinato dallo stesso professionista in conformità all’articolo 11-octies, con conferma, in caso di esito positivo di tali verifiche, dell’ammissione anticipata mediante apposizione del visto di congruità sulla parcella, e trasmissione di copia di tale documento all’ufficio finanziario competente per le verifiche di competenza.
Il comma 4 riproduce il divieto, per l’avvocato della parte ammessa al beneficio, di percepire dal cliente compensi o rimborsi e sanziona con la nullità eventuali patti contrari, richiamando a tal fine l’articolo 85, comma 3, TUSG (che stabilisce che la violazione di tale divieto costituisce “grave illecito disciplinare professionale”).