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Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149
Articolo 7 comma 1 lettera d)
Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28

Lettera d)

Il principio di delega impone l’ampliamento dei casi di ricorso obbligatorio, in via preventiva, alla procedura di mediazione. Si è quindi modificato l’articolo 5 d.lgs. n. 28 del 2010, lasciandovi la disciplina relativa alla mediazione come condizione di procedibilità stabilita ex lege per alcune categorie di controversie, e spostando in altri articoli la disciplina relativa alla mediazione demandata e alla mediazione prevista dallo statuto o dell’atto costitutivo dell’ente.

L’ampiezza delle modifiche ha imposto una sostituzione dell’articolo 5, che prevede quanto segue.

Il comma 1 individua le controversie in relazione alle quali si richiede alle parti di esperire il tentativo di mediazione, a condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Oltre alle categorie già previste, sono aggiunte le controversie in materia di contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.

La restante disciplina contenuta nel precedente comma 1-bis è stata in parte soppressa e in parte sostituita con una nuova e più razionale collocazione delle relative disposizioni.

Non si è ritenuto di inserire interventi di carattere generale per l’armonizzazione di tutta la normativa applicabile in materia di procedure stragiudiziali e la sua collocazione in un testo unico sugli strumenti complementari alla giurisdizione, come previsto dalla lett. b), comma 4, articolo 1 della legge delega, considerato che quest’ultima subordina tale attività normativa al monitoraggio, da svolgere nell’arco di un quinquennio, da effettuare sull’area di applicazione della mediazione obbligatoria.

Al comma 2 trova più chiara collocazione quanto precedentemente previsto nel secondo e quarto periodo del comma 1-bis, in ordine ai rapporti tra la procedura di mediazione obbligatoria e il processo. Il comma ribadisce, quindi, che il previo esperimento della mediazione nei casi di cui al comma 1 è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che quando tale condizione non è rispettata e viene proposta domanda giudiziale, la relativa eccezione deve essere sollevata, a pena di decadenza e non oltre la prima udienza, dalla parte convenuta, fermo restando il potere di rilievo officioso in capo al giudice, da esercitarsi entro la prima udienza.

Si è inoltre precisato che quando la mediazione non risulti esperita, oppure risulti esperita ma non conclusa, il giudice debba fissare una successiva udienza dopo la scadenza del termine massimo di durata della procedura di mediazione, fissato dall’articolo 6.

È stato meglio chiarito, rispetto al testo previgente, che il giudice, a tale successiva udienza, se constata che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta, dichiara l’improcedibilità della domanda.

Il comma 3 riprende quanto previsto nel primo periodo del previgente comma 1-bis e prevede che le parti, per assolvere alla condizione di procedibilità di cui al comma 1, possono anche esperire le procedure specificamente previste nelle lettere da a) a d).

Il comma 4 prevede che quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, tale condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo di conciliazione.

Il comma 5 sancisce il principio secondo cui la pendenza della condizione di procedibilità non preclude il ricorso al giudice per chiedere l’adozione di procedimenti cautelari e urgenti, né preclude la trascrizione della domanda giudiziale.

Il comma 6 indica i casi in cui non opera la condizione di procedibilità prevista dal comma 1. Rispetto al testo previgente, sono state apportate modifiche di coordinamento dovute all’inserimento della disciplina della mediazione demandata dal giudice nell’articolo 5-quater, ed è stata inserita la disposizione contenuta nella lettera h) finalizzata a chiarire che tra le azioni giudiziali che non sono precluse dalla pendenza della condizione di procedibilità ai sensi del comma 1 è compresa anche l’azione inibitoria prevista dall’articolo 37 del codice del consumo, di cui al d.lgs. n. 206 del 2005.