Lettera e)
L’art. 819-quater c.p.c. è la norma maggiormente deputata a disciplinare il fenomeno della translatio (che come già precisato costituisce attuazione del principio di delega di cui al comma 15, lett. g) “disciplinare la translatio iudicii tra giudizio arbitrale e giudizio ordinario e tra giudizio ordinario e giudizio arbitrale”) e in particolare la riassunzione della causa tra giudizio ordinario e arbitrato, in entrambi i sensi. A questo proposito, i primi due commi della norma dispongono, in modo simmetrico, che:
“Il processo instaurato davanti al giudice continua davanti agli arbitri se una delle parti procede a norma dell’articolo 810 entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza con cui è negata la competenza in ragione di una convenzione di arbitrato o dell’ordinanza di regolamento. Il processo instaurato davanti agli arbitri continua davanti al giudice competente se la riassunzione della causa ai sensi dell’articolo 125 delle disposizioni di attuazione del presente codice avviene entro tre mesi dal passaggio in giudicato del lodo che declina la competenza arbitrale sulla lite o dalla pubblicazione della sentenza o dell’ordinanza che definisce la sua impugnazione”.
Viene quindi prevista la possibilità, in tutte le ipotesi di declinatoria di competenza (dal giudice all’arbitro e dall’arbitro al giudice) di mantenere salvi gli effetti della domanda attraverso la predisposizione ad opera delle parti di tutte le attività necessarie all’instaurazione del processo. Nel caso in cui sia stato il giudice ordinario a declinare la competenza e occorra quindi instaurare il giudizio arbitrale, le parti saranno onerate a porre in essere le attività inerenti alla nomina degli arbitri, di cui all’articolo 810 del codice di procedura civile; nel caso inverso (quando cioè la declinatoria di competenza sia contenuta nel lodo o nella sentenza o ordinanza che definisce la sua impugnazione), le parti dovranno invece porre in essere la formale riassunzione della causa secondo quanto disposto dall’articolo 125 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. In entrambi i casi il termine per il compimento di tali attività è di tre mesi, in conformità a quanto previsto in via generale dallo stesso articolo 50 del codice di procedura civile, dal passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria di primo grado (del giudice ordinario o dell’arbitro), ovvero dall’avvenuto definitivo compimento delle possibili impugnazioni.
Per valorizzare il significato della trasmigrazione del processo tra le due sedi, e in conformità tra l’altro a quanto già prevede l’articolo 59 l. n. 69/2009 per le ipotesi di translatio iudicii tra differenti ordini di giurisdizione, viene poi stabilito che “Le prove raccolte nel processo davanti al giudice o all’arbitro dichiarati non competenti possono essere valutate come argomenti di prova nel processo riassunto ai sensi del presente articolo”.
Infine, la nuova disposizione si preoccupa di disciplinare le conseguenze per il caso di mancata osservanza dei termini per la riassunzione. In queste ipotesi, trattandosi in sostanza di una inattività qualificata verso atti di impulso, si prevede che “L’inosservanza dei termini fissati per la riassunzione ai sensi del presente articolo comporta l’estinzione del processo”. Per tale ragione, il regime di rilevabilità resta quello di cui all’articolo 307, quarto comma del codice di procedura civile (“L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata anche d’ufficio, con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio”) e gli effetti della dichiarazione di estinzione quelli previsti in via generale dall’articolo 310 del codice di procedura civile.