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Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149
Articolo 3 comma 52 lettera b)
Modifiche al codice di procedura civile

Lettera b)

Un ulteriore, rilevante comparto della normativa in materia di arbitrato è quello della disciplina dei poteri cautelari da parte degli arbitri rituali.

A tal fine, le nuove disposizioni si pongono in attuazione del comma 15, lett. c) della delega, che invita il legislatore delegato a “prevedere l’attribuzione agli arbitri rituali del potere di emanare misure cautelari nell’ipotesi di espressa volontà delle parti in tal senso, manifestata nella convenzione di arbitrato o in atto scritto successivo, salva diversa disposizione di legge; mantenere per tali ipotesi in capo al giudice ordinario il potere cautelare nei soli casi di domanda anteriore all'accettazione degli arbitri; disciplinare il reclamo cautelare davanti al giudice ordinario per i motivi di cui all’articolo 829, primo comma, del codice di procedura civile e per contrarietà all’ordine pubblico; disciplinare le modalità di attuazione della misura cautelare sempre sotto il controllo del giudice ordinario”.

La legge delega ha tenuto conto delle argomentazioni che, anche in chiave critica, sono state in passato mosse dal punto di vista sistematico al generale divieto per gli arbitri di emanare provvedimenti cautelari, considerandolo superato, e ritenendo che un intervento in questo ambito fosse necessario per rispondere alla ormai pacificamente riconosciuta funzione di indispensabile complemento e completamento della tutela cautelare nell’ambito della tutela giurisdizionale e per realizzare il principio di effettività di quest’ultima (v. ad es. in ambito eurounitario la sentenza della Corte di Giustizia del 19 giugno 1990, C-213/89, Factortame Ltd.). Senza contare, poi, che la disciplina italiana dell’arbitrato restava di fatto isolata rispetto a quanto previsto negli ordinamenti europei che da tempo riconoscono in capo agli arbitri il potere di emanare provvedimenti cautelari e un intervento in questo ambito si pone anche nella prospettiva di rendere lo strumento arbitrale maggiormente attrattivo anche per soggetti e investitori stranieri.

In questa prospettiva, l’intervento normativo si pone oltre tutto in una direttrice di ideale prosecuzione con la linea di apertura delineata dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che, nel modificare l’articolo 818 c.p.c., aveva temperato l’originario divieto per gli arbitri di concedere sequestri o altri provvedimenti cautelari, stabilendo che lo stesso non dovesse più considerarsi assoluto, ma valere “salva diversa disposizione di legge”. Di fatto, tuttavia, la possibilità per gli arbitri di emanare provvedimenti cautelari è rimasta nell’ordinamento limitata al solo arbitrato societario e al potere per gli arbitri, in tale sede previsto, di disporre la sospensione cautelare delle delibere assembleari.

In concreto, il riconoscimento dei poteri cautelari al giudice privato non viene attuato in modo generalizzato, ritenendosi più opportuno introdurre una disciplina maggiormente prudenziale, volta a demandare tale prerogativa alle sole ipotesi di libera e consapevole scelta ad opera delle parti compromittenti.

In questo senso l’art. 818 c.p.c. viene dunque modificato prevedendo che: “Le parti, anche mediante rinvio a regolamenti arbitrali, possono attribuire agli arbitri il potere di emanare misure cautelari con la convenzione di arbitrato o con atto scritto anteriore all’instaurazione del giudizio arbitrale”.

In questo modo si stabilisce che il potere cautelare degli arbitri sia riconosciuto e delimitato alle sole ipotesi di previa espressa volontà delle parti, manifestata nella convenzione di arbitrato o in atto scritto successivo, purché anteriore all’instaurazione del giudizio arbitrale. L’individuazione di tale criterio temporale risponde all’esigenza di cristallizzare, prima dell’instaurarsi della litispendenza (in senso ampio) arbitrale, il perimetro dei poteri spettanti agli arbitri, così da attribuire maggiore certezza in proposito sia alle parti, sia agli stessi arbitri, che possono avere accettato la nomina anche sulla base di una determinata prefigurazione del complessivo svolgimento dell’iter processuale.

In analoga prospettiva e sempre tenendo conto che l’attribuzione del potere cautelare agli arbitri presuppone una differente organizzazione del giudizio, si è voluta sottolineare la possibilità che la scelta delle parti di fatto avvenga “anche mediante rinvio a regolamenti arbitrali”, così valorizzando la realtà delle istituzioni arbitrali e la loro capacità organizzativa nell’amministrare il procedimento.

Il riconoscimento di un potere cautelare in capo agli arbitri non poteva peraltro non essere contemperato e coordinato con l’attribuzione, sino ad oggi generale e di fatto ancora quasi esclusiva (con l’unica eccezione già accennata del potere cautelare degli arbitri di sospensione delle delibere assembleari nell’arbitrato societario), del potere cautelare in capo all’autorità giudiziaria. A tal fine, nell’articolo 818 c.p.c. sono state introdotte le ulteriori precisazioni per le quali “La competenza cautelare attribuita agli arbitri è esclusiva. Prima dell’accettazione dell’arbitro unico o della costituzione del collegio arbitrale, la domanda cautelare si propone al giudice competente ai sensi dell’articolo 669-quinquies”.

Le modifiche intendono evitare pericolose sovrapposizioni e duplicazioni di tutela, sostanzialmente riconoscendo che, mentre prima dell’instaurazione del processo arbitrale, la competenza a emanare provvedimenti cautelari continua a rimanere appannaggio esclusivo dell’autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi dell’articolo 669-quinquies del codice di procedura civile, una volta che il processo arbitrale sia iniziato e l’organo arbitrale si sia regolarmente costituito (in modo tale da consentire una sollecita risposta alla richiesta di tutela cautelare formulata dalla parte), o comunque, nel caso di arbitro unico, questi abbia accettato la nomina, ove le parti abbiano inteso attribuire agli arbitri tale potere, lo stesso viene attribuito integralmente e in via esclusiva agli stessi arbitri. Non vi può dunque essere, in queste ipotesi, una potestas concorrente tra arbitri e giudici ordinari.