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Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149
Articolo 3 comma 39 b e
Modifiche al codice di procedura civile

Particolare rilievo assume poi l’introduzione dell’istituto della c.d. vendita diretta, con l’inserimento degli articoli 568 bis e 569 bis c.p.c., in attuazione del criterio di cui alla lettera n) del comma 12 della legge delega.

La previsione, contenuta nella lett. n) del comma 12 del procedimento di vendita c.d. diretta promossa dal debitore, ha lo scopo di favorire una “liquidazione ‘virtuosa’ e rapida attraverso la collaborazione del debitore”, facendo attenzione a non allungare “infruttuosamente i tempi processuali” e ad evitare che siano perpetrate “frodi in danno dei creditori”.

L’idea, contenuta nella legge delega è quella di rendere interessante per l’acquirente l’acquisto del bene, in ragione della verifica giudiziale dei presupposti e, soprattutto, dell’assunzione dei costi del trasferimento e della cancellazione dei gravami a carico della procedura (come già avviene col provvedimento ex articolo 586 c.p.c.).

La legge delega stabiliva:

a) la previsione di una offerta minima legata all’esito del procedimento di stima;

b) una proposta  di  acquisto  irrevocabile  per  un  congruo  periodo  e  garantita  da cauzione per dimostrare la serietà dell’offerta;

c) la possibilità che l’offerta fosse posta in competizione con eventuali altre;

d) la predeterminazione legislativa dei tempi di durata del procedimento di vendita;

e) la previsione che, nell’interesse del debitore e dell’acquirente, il trasferimento fosse compiuto dal giudice dell’esecuzione col provvedimento ex articolo 586 c.p.c., con la cancellazione dei gravami a spese della procedura ovvero che il trasferimento fosse operato con atto privato lasciando al giudice solo l’autorizzazione alla cancellazione dei gravami;

f) la facoltà di delegare a un professionista le operazioni garantendo il rispetto della tempistica individuata;

g) l’immediata liberazione del bene oggetto di pignoramento da parte del debitore esecutato dopo la presentazione dell’offerta.

La delega poneva, però, una serie di criticità ed introduceva un meccanismo di nessun interesse per la parte debitrice, che non avrebbe mai avuto alcun interesse ad utilizzare l’istituto così come delineato nella legge delega.

Veniano, in primo luogo a due criticità, per così dire, sistematiche.

La prima è quella del rapporto tra questa nuova “vendita immobiliare” e l’udienza disciplinata dall’art. 569 c.p.c., che costituisce sostanzialmente l’unica udienza dell’espropriazione immobiliare. La proposizione dell’istanza non può certamente determinare il venire meno di tale udienza, giacché in questa il giudice dell’esecuzione, oltre a fissare i termini per la vendita ordinaria (articolo 569, 3° comma, c.p.c.), alla quale la vendita c.d. diretta sarebbe alternativa, nel contraddittorio delle parti, (a) svolge i necessari accertamenti prodromici alla vendita, tra cui quello di verificare che il creditore procedente abbia effettuato le notificazioni previste dall’articolo 498, 3° comma, c.p.c., (b) provvede sulle opposizioni agli atti, (c) determina, ai sensi dell’articolo 568 c.p.c., il prezzo base all’esito dell’iter dettato dall’articolo 173-bis, 3° e 4° comma, disp. att. c.p.c. ovvero delega il professionista a tale incombenza sempre all’esito del predetto iter, ai sensi dell’art. 591- bis, 3° comma, n. 1), c.p.c. (disposizione quest’ultima pressoché inutilizzata), (d) fissa l’udienza prevista dall’art. 499, 5° comma, c.p.c. Inoltre, l’udienza ex articolo 569 c.p.c. è “spartiacque” per l’intervento tempestivo dei creditori ai sensi degli articoli 499, 2° comma, 564 e 565 c.p.c., nonché per proporre l’opposizione all’esecuzione fondata su fatti antecedenti, ai sensi dell’articolo 615, 2° comma, seconda parte, c.p.c., quando nel corso della medesima viene disposta la vendita.

La seconda criticità è costituita dal “prezzo base” al di sotto del quale l’offerta della vendita c.d. diretta è inammissibile. Infatti, considerato che il prezzo base, come detto, è determinato dal giudice dell’esecuzione all’udienza ex art. 569 c.p.c., all’esito dell’iter scandito dall’articolo 173 bis, 3° e 4° comma, disp. att. c.p.c., nel termine ultimo per la proposizione dell’istanza per la vendita c.d. diretta (dieci giorni prima della udienza), il medesimo non è stato ancora determinato. Né l’ipotesi di sdoppiare l’udienza, fissando la prima solo per la determinazione del prezzo base, avrebbe pregio, considerato che ciò implicherebbe un’inutile e irrazionale perdita di tempo in ogni procedura solo in funzione della remota eventualità che il debitore proponga la predetta istanza. Del resto, nella prassi, i tempi di fissazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c. sono scanditi dai tempi necessari all’esperto per la valutazione del compendio immobiliare oggetto dell’espropriazione forzata. Nemmeno è ipotizzabile prevedere che in caso di istanza per la vendita c.d. diretta (dieci giorni prima dell’udienza), in pieno iter per la determinazione del prezzo base (ai sensi dell’articolo 173 bis, 4° comma, le parti possono depositare all’udienza note purché queste siano state trasmesse all’esperto almeno 15 giorni prima, per consentire al medesimo di replicare in udienza), il “prezzo base” diventi quello determinato dall’esperto nella relazione di stima.

Di qui l’esigenza di prevedere che, da un lato, dopo la proposizione dell’istanza di vendita diretta da parte del debitore l’udienza di cui all’articolo 569 c.p.c. si tenga comunque, dall’altro, che l’offerta di acquisto depositata unitamente all’istanza del debitore non più tardi di 10 gg. prima dell’udienza debba essere integrata (unitamente alla cauzione) nel caso in cui, all’udienza, il prezzo base determinato dal giudice ai sensi dell’articolo 568 c.p.c. sia superiore al valore determinato nella perizia di stima e, conseguentemente, all’offerta.

Questa soluzione ha il pregio di superare entrambe le criticità in precedenza indicate, ma la vendita c.d. diretta, nella quale è prevista la pubblicità dell’offerta ai sensi dell’articolo 490 c.p.c. e la procedura competitiva tra più offerenti, non sarebbe molto diversa dalla vendita ordinaria di cui all’articolo 569, 3° comma, c.p.c., anche con riferimento ai tempi di attuazione, considerando, tra l’altro, che con la riforma il professionista delegato è tenuto in un anno ad esperire almeno tre tentativi di vendita.

Il procedimento avrebbe, quindi, una scarsissima appetibilità per il debitore in alternativa alla vendita ordinaria. Se poi si considera che la legge delega prevede la liberazione dell’immobile, ancorché abitato dal debitore con la sua famiglia, in termini ristrettissimi, a pena di decadenza dall’istanza, allora è evidente che le prospettive di impiego dell’istituto sarebbero del tutto nulle. Nel caso probabilissimo di accordo tra l’offerente e il debitore affinché quest’ultimo possa continuare ad abitare l’immobile con la sua famiglia, si verificherebbe l’assurdo che il medesimo sarebbe tenuto a lasciare l’immobile libero da persone e da cose, per poi rientrare dopo pochi mesi con le persone e le cose. Non si comprende per quale ragione il debitore dovrebbe preferire la vendita diretta, con offerta formulata al prezzo base e assoggettata alla procedura competitiva, in cui è tenuto entro trenta giorni a liberare l’immobile abitato con la sua famiglia, anziché la vendita ordinaria con offerta dell’interessato “non ostile” a prezzo minimo (ossia ridotto del 25% rispetto al prezzo base), che, a differenza della vendita diretta, meglio gli garantirebbe la permanenza nell’immobile, dal medesimo abitato con la sua famiglia, sino al decreto di trasferimento e, quindi, senza soluzione di continuità. Peraltro, l’obbligo del debitore istante, a pena di decadenza, di liberare entro trenta giorni l’immobile anche se abitato con la sua famiglia, in deroga a quanto stabilito dall’art. 560, 8° comma, c.p.c. pone seri dubbi sulla legittimità costituzionale della disciplina.

La soluzione adottata è quella di un procedimento di vendita diretta a prezzo base senza la procedura competitiva in caso di accordo dei creditori titolati e di quelli indicati dall’articolo 498 c.p.c., manifestato anche tacitamente mediante mancata opposizione; questa soluzione offre al debitore un istituto appetibile, alternativo alla vendita ordinaria, senza alterare gli equilibri e senza pregiudicare gli interessi delle parti nel processo esecutivo.

È pur vero che con l’offerente “non ostile” e l’accordo con i creditori, il debitore può sempre sottrarre il bene alla vendita forzata, previa rinuncia agli atti dei soli creditori titolati (contestuale alla vendita e al pagamento nelle loro mani), senza necessità di ricorrere alla vendita diretta; è anche vero, però, che tale iter è spesso complesso, lungo ed articolato e in alcuni casi il debitore, soprattutto quando i creditori sono istituti bancari o soggetti similari, incontra con questi serie difficoltà finanche alla interlocuzione. La procedura della vendita diretta senza opposizione dei creditori ha il pregio di smussare tali asperità: il creditore troverebbe la sua convenienza non soltanto nella vendita a prezzo base senza ribassi, nemmeno il primo ribasso costituito dal prezzo minimo, ma soprattutto, nella drastica riduzione dei tempi del processo. D’altro canto, però, si è ben consapevoli che l’accordo extraprocessuale con i creditori, “a saldo e stralcio”, avrebbe, al pari della procedura di sovraindebitamento, il pregio di esdebitare il debitore, mentre la vendita diretta con l’accordo dei creditori, manifestato mediante la mancata opposizione, raggiungerebbe tale obiettivo sole se il prezzo offerto sia sufficiente a soddisfare tutti i creditori.

Ad ogni modo, la vendita diretta con l’accordo dei creditori avrebbe il pregio di depotenziare anche l’iniziativa dilatoria del debitore, con la perdita del 10% della cauzione, considerando che in caso, appunto, di mancata opposizione dei creditori, l’espletamento della vendita, seguìto dal mancato versamento del saldo-prezzo, comporterebbe un rallentamento della procedura di non più di quattro o cinque mesi, a fronte dei 10/12 mesi della vendita diretta con procedura competitiva nel caso di opposizione dei creditori. Il che giustifica ulteriormente la mancata previsione della deroga alla disciplina prevista dall’articolo 560, 8° comma.

Lo scostamento dalla legge delega della vendita senza la procedura competitiva si ha solo con l’accordo dei creditori manifestato mediante la mancata opposizione.

Del resto, tale istituto è già previsto nell’ordinamento per la vendita esattoriale dall’articolo 52, comma 2 bis, d.p.r. 29 settembre 1972, n. 602, come modificato d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (c.d. Decreto del fare), convertito in l. 9 agosto 2013, n. 98, ancorché con l’adesione espressa dell’Agente di Riscossione che, considerando l’art. 54, è l’unico creditore agente della procedura.

Se invece il creditore titolato o quello indicato dall’art. 498 c.p.c. si oppone alla vendita senza procedura competitiva, si ripristina il sistema previsto nella legge delega.

In tale ultima ipotesi, la disciplina della vendita con la procedura competitiva prevede termini che complessivamente non si discostano da quelli indicati nella legge delega, ancorché con una diversa distribuzione interna dovuta alla impossibilità materiale di effettuare la pubblicità entro quindici giorni dal provvedimento del giudice dell’esecuzione, come previsto dalla legge delega. Peraltro, il termine di trenta giorni successivo al termine per la presentazione delle offerte, previsto nella legge delega per convocare il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti per la deliberazione sull'offerta e, in caso di pluralità di offerte, per la gara tra gli offerenti, può essere ridotto, anche in considerazione delle modalità telematiche delle vendite, senza pregiudizio alcuno per le parti.

Al fine di accelerare la chiusura della procedura di vendita si è altresì previsto che, su istanza dell’aggiudicatario, il giudice dell’esecuzione possa autorizzare il trasferimento del diritto mediante atto notarile da trasmettere ad opera del notaio rogante nel fascicolo della procedura esecutiva. In tal caso spetta comunque al giudice il compito relativo alla cancellazione delle trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli.