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Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149
Articolo 3 comma 38
Modifiche al codice di procedura civile

Con i seguenti interventi normativi si è data attuazione alle disposizioni di cui alle lettere d) ed e) del comma 12 della legge delega, concernenti nomina e compiti del custode giudiziario nell’espropriazione forzata immobiliare; esse si muovono nel solco, già in passato praticato dal legislatore, della trasposizione in diritto positivo di prassi c.d. virtuose diffuse negli uffici giudiziari.

Con la delibera adottata all’esito della seduta del 7 dicembre 2021, nell’aggiornare “le linee guida funzionali alla diffusione di buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari” già approvate con delibera del giorno 11 ottobre 2017, il Consiglio Superiore della Magistratura aveva favorevolmente apprezzato la prassi della nomina anticipata del custode giudiziario al momento (e contestualmente) alla nomina dell’esperto stimatore. Al proposito, l’organo di autogoverno dei magistrati aveva sottolineato l’opportunità di un supporto convergente e di un operato sinergico di professionalità distinte: l’una - quello dello stimatore – portatore di conoscenze e competenze specialistiche in ordine agli aspetti catastali, planimetrici, urbanistico-edilizi e di estimo; l’altra – quello del custode -, espressione di una formazione in discipline giuridiche, più idonea a cogliere le implicazioni legali salienti della connotazione urbanistica e dello stato di occupazione del cespite, soprattutto nella prospettiva di individuare eventuali situazioni opponibili alla procedura e, pertanto, da considerarsi (dall’esperto stimatore) quali fattori decrementativi del valore di collocazione del bene sul mercato. Aveva poi evidenziato che la coordinata attività dei due professionisti si concretava, nella sua migliore espressione, nell’esame della documentazione ipocatastale, indicando, quale concreta strada operativa, la compilazione di una check-list riepilogativa delle verifiche effettuate (concernenti anche profili di regolarità della procedura esecutiva), dalla quale far emergere, in uno stadio ancora iniziale dell’espropriazione, eventuali criticità inficianti l’ulteriore corso del procedimento.

Ulteriori ragioni, al fondo ispirate alla ricerca di una maggiore efficienza dell’espropriazione, erano state da più parti prospettate in favore dell’anticipazione della nomina del custode rispetto al momento (l’emissione della ordinanza di messa in vendita del bene) previsto dall’articolo 559 c.p.c.: la sostituzione del debitore nelle mansioni di custode (che egli ricopre ex lege dall’epoca di notifica dell’atto di pignoramento: art. 559, primo comma, c.p.c.) consente, per un verso, di assicurare alla procedura la riscossione di frutti e rendite cui il pignoramento dell’immobile si estende (articolo 2912 c.c.) e, dall’altro, permette al custode giudiziario di assolvere una funzione informativa – transattiva (assai diffusa nella prassi) nei confronti del debitore, cioè a dire un’attività informativa sulle possibili definizioni della procedura ancora praticabili senza addivenire alla liquidazione del compendio staggito (conversione del pignoramento, accesso al sovraindebitamento, chiusura con c.d. saldo e stralcio).

Le puntuali e specifiche disposizioni delle lettere d) ed e) del comma 12 non hanno ingenerato particolari difficoltà nell’elaborazione dell’articolato in parte qua attuativo: si è semplicemente trattato di riportare il contenuto già precettivo della legge delega all’interno del pertinente articolo 559 c.p.c.

Di quest’ultima norma, tuttavia, è parso opportuno un riordino che, senza minimamente incidere sulla sua portata dispositiva, superasse dubbi ermeneutici indotti dal difetto di coordinamento con il successivo articolo 560 c.p.c., come modificato dal legislatore nel 2019 e nel 2020.

Si è pertanto proceduto a modificare il secondo comma dell’articolo 559 c.p.c. con la previsione della nomina anticipata del custode (contestuale alla nomina dell’esperto), ribadendo (con l’effetto di assorbire il precedente disposto del quarto e del quinto comma) la ristretta cerchia dei soggetti abilitati all’incarico (da individuarsi nell’istituto vendite giudiziarie o in uno dei professionisti delegabili per le operazioni di vendita inseriti nell’elenco di cui all’articolo 179-ter disp. att. c.p.c.); è stata poi in incipit inserita la clausola di salvezza in forza della quale, in situazioni eccezionali e dall’àmbito applicativo limitatissimo («Salvo che la sostituzione nella custodia non abbia alcuna utilità ai fini della conservazione o della amministrazione del bene o per la vendita») al giudice dell’esecuzione è data facoltà di non provvedere alla sostituzione del debitore con un custode giudiziario.

Il successivo terzo comma recepisce i nuovi compiti del custode giudiziario (che si sommano a quelli analiticamente indicati nel D.M. n. 80/2009), ovvero il controllo, in ausilio all’esperto stimatore, della completezza della documentazione ex articolo 567 c.p.c., con l’aggiunta (apparsa necessaria) di un tempestivo report sull’esito di tale attività mediante relazione informativa in un termine che il giudice dell’esecuzione, nell’esercizio dei poteri di direzione della procedura, avrà cura di fissare.

Un ulteriore gruppo di norme riguarda l’ordine di liberazione, con riferimento al quale la legge delega [lettere f) ed h), del comma 12] interviene in una duplice direzione: a) sui presupposti e sui tempi dell’emissione del provvedimento; b) sulle modalità della sua attuazione.

È doveroso segnalare come la giurisprudenza di legittimità intenda, in maniera oramai pacifica, il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile pignorato regola generale nelle espropriazioni immobiliari, stante l’esplicita disciplina dei casi e dei tempi in cui è esclusa la sua emissione nei confronti del debitore e del suo nucleo familiare abitanti nel cespite staggito; ritenga pertanto l'ordine di liberazione strumento funzionale agli scopi del processo di espropriazione forzata e, in particolare, all'esigenza pubblicistica di garantire la gara per la liquidazione del bene pignorato alle migliori condizioni possibili, notoriamente connesse allo stato di immediata, piena e incondizionata disponibilità dell'immobile.

Quanto ai presupposti ed ai tempi di adozione dell’ordine di liberazione, la legge delega, confermando in sostanza l’impianto risultante dalle modifiche del 2019 e del 2020, distingue due fattispecie, correlate allo stato di occupazione dell’immobile pignorato, a seconda che quest’ultimo (al momento del pignoramento) sia occupato dal debitore a fini diversi dall’abitazione oppure da un terzo privo di titolo opponibile alla procedura (primo caso) ovvero sia abitato dal debitore (secondo caso).

Nel primo caso, l’intento del legislatore delegante è stato visto nell’affermazione della doverosità del provvedimento di liberazione, sottratto alla discrezionalità dell’organo giudicante, e nel chiaro contingentamento dei tempi di adozione dello stesso, con la previsione di un termine ne ultra quem.

Si è così introdotto il settimo comma dell’art. 560 c.p.c. (così formulato: «Il giudice dell’esecuzione, con provvedimento opponibile ai sensi dell’articolo 617, ordina la liberazione dell’immobile non abitato dall’esecutato e dal suo nucleo familiare oppure occupato da un soggetto privo di titolo opponibile alla procedura non oltre la pronuncia dell’ordinanza con cui è autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni»): ricalca, quasi pedissequamente, la formula della legge delega, con l’uso di un presente deontico («ordina») e l’opportuna integrazione di una espressa specificazione regime di impugnazione (opposizione agli atti esecutivi) dell’ordine di liberazione, anche qui senza valenza innovativa, ma meramente ricognitiva di quanto già statuito dall’art. 560 c.p.c. prima delle riforme del 2019 e di quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di nomofilachia.

Nel secondo caso, le modifiche volute dal legislatore delegante sono assai circoscritte.

È stato infatti mantenuto l’ordito risultante dalle riforme del 2019/2020: il debitore che, al momento del pignoramento, occupi l’immobile staggito “non perde il possesso” dello stesso sino al decreto di trasferimento; la permanenza nell’occupazione del cespite è ope legis, non abbisogna cioè (come nel sistema anteriore) di una autorizzazione del giudice dell’esecuzione; a fronte di tale rilevante beneficio, sono posti a carico del debitore precisi doveri di collaborazione miranti al buon esito della procedura espropriativa, doveri estesi anche ai familiari conviventi, e l’adempimento continuo di tali obblighi rappresenta la condizione legittimante del permanere del debitore nel godimento dell’abitazione pignorata. Sono tipizzati i presupposti per l’adozione dell’ordine di liberazione, corrispondenti, in un quadro generale e d’insieme delle singole ipotesi, alla violazione di obblighi inerenti all’immobile (cioè a dire obblighi propter rem, non personali del debitore, seppur occasionati dall’immobile) e pregiudizievoli (idonei cioè a ledere l’interesse della procedura a realizzare il miglior risultato economico, diminuendo il valore dell’immobile o determinando una minore appetibilità di esso, o a recare danno alla posizione giuridica dell’aggiudicatario, provocando il sorgere di costi destinati a gravare a suo carico). In questa configurazione, l’ordine di liberazione non assume natura o veste sanzionatoria di qualsivoglia condotta non gradita del debitore, ma mira a garantire un corretto equilibrio tra gli interessi in gioco: da un lato, l’interesse pubblicistico, a liberare l’immobile per “vendere prima e vendere meglio”, realizzare cioè l’ottimale soddisfazione dei crediti azionati e, quindi, in ultima analisi, tutelare il credito; dall’altro l’interesse privatistico del debitore all’abitazione, avente natura di vero e proprio diritto fondamentale, come tale idoneo (secondo quanto affermato da Corte Cost. n. 128/2021) a comprimere (seppur in maniera temporanea) il pieno esercizio della tutela esecutiva.

Proprio l’individuazione della salvaguardia del diritto all’abitazione (secondo la citata pronuncia della Consulta, avente valenza di «diritto sociale», rientrante «fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione») come ratio della permanenza ex lege del debitore nell’immobile occupato a fini abitativi ha consentito di sciogliere il nodo sulla possibilità di attribuire il beneficio anche al debitore single: la natura individuale del diritto all’abitazione e l’esigenza di evitare ingiustificate differenziazioni di trattamento, difficilmente compatibili con il principio di eguaglianza, hanno indotto a non recepire stricto sensu la locuzione «convivente» adoperata dal legislatore delegante, in guisa da riconoscere la permanenza sino al trasferimento al debitore che occupi da solo l’immobile.

L’unico ritocco apportato dalla legge delega (e tradotto in una corrispondente interpolazione dell’attuale nono comma, previgente sesto comma) è consistito nella individuazione di una nuova situazione legittimante l’emissione dell’ordine di liberazione anticipata rispetto al trasferimento: il comportamento del debitore che rechi impedimento allo svolgimento delle attività degli ausiliari del giudice dell’esecuzione.

Quanto all’attuazione, la legge delega, con la lettera h) del comma 12, scioglie l’inestricabile groviglio di criticità applicative sollevate dalla formulazione, per vari versi atecnica, del sesto comma dell’articolo 560 c.p.c., come frutto delle plurime e mal coordinate interpolazioni delle leggi n. 12 del 2009 e n. 8 del 2020.

Si opera un ritorno al passato, cioè a dire un ripristino in parte qua della disposizione dell’articolo 560 c.p.c. introdotta dal d.l. n. 59 del 2016 (convertito dalla legge n. 119 del 2016) e poi travolta dalla legge n. 12 del 2019: con il nuovo decimo comma, il custode attua il provvedimento di liberazione dell’immobile pignorato secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti c.p.c., successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario se questi non lo esentano.

Nell’ipotesi di immobile abitato dal debitore, con il nuovo ottavo comma si è precisato, dissipando plurime letture ermeneutiche dell’attuale vigente disposto, che l’ordine di liberazione costituisce provvedimento autonomo e separato, emesso (salvi i casi di ordine anticipato per comportamenti violativi del debitore) contestualmente alla pronuncia del decreto di trasferimento.

Il regime del nuovo ordine di liberazione è dunque perfettamente coerente con il suo disegno (condiviso unanimemente da dottrina e giurisprudenza) di provvedimento selfexecuting, cioè a dire autoesecutivo, con effetti diversi dal decreto di trasferimento (che, comunque, è e resta titolo esecutivo in favore dell’aggiudicatario da azionare nelle forme della procedura per rilascio ex articolo 605 e ss. c.p.c.), attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss. del codice, con l’attribuzione al custode – in favore di una maggiore efficienza della procedura - di una ultrattività della funzione, limitata alla materiale liberazione di un immobile divenuto di proprietà di altri e, quindi, non più soggetto al munus custodiale.