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Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149
Articolo 3 comma 33 48
Modifiche al codice di procedura civile

La norma di cui all’articolo 473-bis.49 c.p.c. dà attuazione a uno dei principi di delega contenuti nell’art. 1, comma 23, lett. bb), l. n. 206/2021, nella parte in cui si invita il legislatore delegato a “prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente quanto il convenuto abbiano facoltà di proporre domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponendo che quest’ultima sia procedibile solo all’esito del passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia pronunciato la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall'articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che sia ammissibile la riunione dei procedimenti aventi ad oggetto queste domande qualora pendenti tra le stesse parti dinanzi al medesimo tribunale, assicurando in entrambi i casi l'autonomia dei diversi capi della sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti”.

A seguito dell’entrata in vigore della l. 6 maggio 2015, n. 55, che ha previsto la riduzione dei termini per proporre domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio dalla data della comparizione dei coniugi nell’udienza presidenziale del procedimento di separazione, è emersa con sempre maggiore urgenza la necessità di dettare disposizioni che possano prevedere un coordinamento tra i due procedimenti, nonché ove opportuna la loro contemporanea trattazione.

Per dare risposta a questa esigenza, la norma in esame prevede, al primo comma, la possibilità di contemporanea proposizione di giudizio di separazione giudiziale e di divorzio contenzioso, in quanto come di recente affermato dalla Suprema Corte la contemporanea proposizione di domande di stato, tra le quali sussista rapporto di pregiudizialità, essendo necessario il passaggio in giudicato dell’una domanda perché ricorra la condizione per proporre l’altra, non è ostacolata dall’esistenza di un rapporto di pregiudizialità, potendo la seconda domanda essere decisa solo all’esito del passaggio in giudicato della prima (cfr. ex plurimis, le decisioni in merito alla contemporanea proposizione di domanda di disconoscimento di paternità e di accertamento giudiziale di paternità, tra le quali Cass. Civ., ord. 3 luglio 2018, n. 17392). La possibilità, sia per il ricorrente sia per il convenuto, di proporre contemporaneamente domanda di separazione e di divorzio nel medesimo giudizio, garantirà economie processuali, considerata la perfetta sovrapponibilità di molte delle domande consequenziali che vengono proposte nei due giudizi (affidamento dei figli, assegnazione della casa familiare, determinazione del contributo al mantenimento della prole) e, pur nella diversità della domanda, la analogia degli accertamenti istruttori da compiere ad altri fini (si pensi alle domande di contributo economico in favore del coniuge e di assegno divorzile per l’ex coniuge), con considerevole risparmio di tempo e di energie processuali. La possibilità prevista nel comma quarto della norma di definire il giudizio con la decisione su ciascuna domanda, nei diversi capi dell’unica sentenza (per esempio specifici capi su: addebito della separazione; determinazione di assegno di mantenimento per il coniuge debole con decorrenza dalla data della domanda della separazione fino alla data di passaggio in giudicato della pronuncia sulla status del divorzio - ovvero dalla data di proposizione della domanda di divorzio; determinazione di assegno divorzile con decorrenza dalla data di passaggio in giudicato della pronuncia sullo status di divorzio- ovvero dalla data di proposizione della domanda di divorzio; unica pronuncia per le domande sull’affidamento dei figli, sul loro mantenimento e sull’assegnazione della casa familiare) non priverà nessuna delle parti della pronuncia sulle domande formulate, pur garantendo il sopra richiamato risparmio di energie processuali e di procedimenti nei gradi successivi, in caso di impugnazione dei provvedimenti pronunciati.

Nel dettaglio, il primo comma della norma in esame prevede quindi la possibilità di proporre contemporanea domanda di separazione e di divorzio, precisando che il divorzio potrà essere pronunciato solo previa verifica dei presupposti richiesti dalla normativa vigente (“Negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse. Le domande così proposte sono procedibili decorso il termine a tal fine previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale”).

Mantenendo dunque ferma l’applicazione delle disposizioni in vigore che regolano dal punto di vista sostanziale il rapporto intercorrente tra l’istituto del divorzio e quello, allo stesso pregiudiziale (salvi ovviamente i casi di divorzio diretto) della separazione giudiziale, il divorzio potrà essere pronunciato, e le domande allo stesso accessorie (per es. domanda di assegno divorzile, di mantenimento del cognome del marito, o di liquidazione della quota di trattamento di fine rapporto) potranno essere decise, soltanto dopo che già sia stata pronunciata, nel medesimo giudizio, la sentenza parziale di separazione, previo accertamento che tale decisione sia passata in giudicato e che sia trascorso il tempo richiesto (allo stato, dopo le modifiche introdotte dalla l. 6 maggio 2015, n. 55, un anno) dalla comparizione delle parti dinanzi al giudice nel procedimento in esame (nel quale sono state proposte contemporaneamente le domande di separazione e divorzio). Qualora tali presupposti non dovessero essere sussistenti, la domanda di divorzio e le domande accessorie dovranno essere dichiarate improcedibili.

Il secondo e il terzo comma della norma in esame introducono un altro strumento di accelerazione finalizzato a concentrare l’istruttoria e a ridurre  considerevolmente il numero dei procedimenti pendenti prevedendo la possibilità di procedere alla riunione di procedimenti tra le stesse parti di separazione e di scioglimento o cessazione del vincolo matrimoniale quando contemporaneamente pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi (secondo comma) ovvero davanti al medesimo ufficio (terzo comma). Accade, infatti, sempre più di frequente che, pendente un processo di separazione giudiziale, nel corso del quale viene pronunciata sentenza parziale di separazione, venga proposta domanda di divorzio dopo che sia intervenuto il passaggio in giudicato della decisione sulla separazione (ma prima che il processo si sia interamente concluso). La norma prevede dunque la possibilità di riunire tali procedimenti (“Se il giudizio di separazione e quello di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio sono proposti tra le stesse parti davanti a giudici diversi, si applica l’articolo

In presenza di figli minori, la rimessione avviene in favore del giudice individuato ai sensi dell’articolo 12, primo comma (competenza per territorio)”), soggettivamente ed oggettivamente connessi, con considerevole risparmio di energie processuali, potendo con la riunione essere trasfusa l’intera istruttoria già realizzata nel procedimento separativo all’interno del procedimento divorzile. Oltre a tale economia processuale, la riunione consente di ridurre il numero dei procedimenti pendenti dinanzi alle Corti superiori, in quanto, qualora impugnata la sentenza emessa all’esito della definizione del giudizio di primo grado sui procedimenti riuniti genererà un unico procedimento pendente in Corte da Appello ed in Cassazione, in luogo di due (impugnazione della separazione e successivamente del divorzio). La norma introduce poi nel terzo comma anche un espresso richiamo all’art. 274 c.p.c. (“Se i procedimenti di cui al secondo comma pendono davanti allo stesso giudice, si applica l’articolo 274”), che disciplina la riunione tra procedimenti connessi, disposizione che sarà applicabile nel caso di specie, rimettendo pertanto al giudice procedente la valutazione della opportunità della riunione, anche in considerazione delle fasi processuali dei due distinti giudizi.L’ultimo comma (“La sentenza emessa all’esito dei procedimenti di cui al presente articolo contiene autonomi capi per le diverse domande e determina la decorrenza dei diversi contributi economici eventualmente previsti”) precisa che la sentenza emessa nei procedimenti nei quali o per scelta di una delle parti (comma primo), o per successiva riunione operata dal giudice (comma secondo e comma terzo) siano decise domande di separazione e di divorzio, nonché le domande accessorie all’una o all’altra domanda, che la decisione dovrà contenere specifici capi, al fine di stabilire l’esatta applicazione delle diverse statuizioni, in particolare anche dal punto di vista della loro dimensione temporale. Viene quindi specificamente indicata la necessità di puntualizzare la diversa decorrenza dell’assegno di mantenimento o di divorzio in favore del coniuge o dell’ex coniuge debole, stante la rilevanza statistica di tali domande, e al fine di evitare possibili sovrapposizioni di pronunce, con potenziali problemi di contraddittorietà di giudicati e di controversie nella fase esecutiva.