L’articolo 473-bis.42 c.p.c. disciplina il procedimento in presenza di allegazioni di violenza o di abuso, prevedendo, al comma 1, la possibilità per il giudice di disporre l’abbreviazione di tutti i termini fino alla metà e di disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile (beninteso, salvaguardando il contraddittorio e il diritto alla prova contraria, al fine di assicurare il giusto processo), al fine di garantire una rapida trattazione del giudizio ed una immediata risposta di giustizia, in attuazione del principio di delega contenuto nell’art.1, comma 23, lett. t), l. n. 206/2021. Il secondo comma prevede disposizioni volte a prevenire la vittimizzazione secondaria, prevedendo che debbano sempre essere tutelate la sfera personale, la dignità, la personalità e la sicurezza della vittima. Quanto alla necessità di evitare contatti diretti, il giudice potrà ricorrere all’udienza da remoto, ovvero a scansioni orarie della comparizione delle parti che, ferma la presenza dei difensori per assicurare la pienezza del contraddittorio, potranno evitare contatti diretti tra presunta vittima e presunto autore della condotta. Al medesimo scopo, il quarto comma prevede la possibilità di disporre, a tutela della vittima la secretazione dell’indirizzo di residenza, quando la stessa sia collocata in struttura protetta e in presenza di esigenze di sicurezza. Il comma terzo, aderendo ad una specifica indicazione della legge delega e sulla scorta delle previsioni della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, prevede che il decreto di fissazione dell’udienza non debba contenere l’invito alle parti a rivolgersi ad un mediatore familiare, quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’art. 415-bis codice di procedura penale per abusi o violenze. Tale disposizione è stata riformulata, rispetto alla sua versione originale, in adesione a quanto richiesto dalle Commissioni giustizia del Senato e della Camera nei pareri espressi ai sensi dell’articolo 1, comma 2 della legge delega. La disposizione precisa, tuttavia, che qualora il giudice, nel corso del procedimento, ravvisi l’insussistenza dei fatti di violenza, anche all’esito degli accertamenti preliminari cui è tenuto già dalle prime fasi del procedimento, potrà invitare alla mediazione o tentare la conciliazione. La scelta sottesa a questo netto divieto nasce dalla necessità di scongiurare il rischio di vittimizzazione secondaria che si realizza quando una parte vittima di violenza o di abuso sia indotta, per invito del giudice o per sollecitazione normativa, a sedersi al tavolo di mediazione o di conciliazione con l’autore della violenza, con il rischio che la dinamica di sopraffazione violenta si riproduca anche in questo contesto. Il quinto comma prevede che al fine di garantire il massimo coordinamento tra le autorità che nei diversi ambiti di competenza possono essere chiamate ad accertare i medesimi fatti di violenza o di abuso, prevede che sia il giudice a richiedere, anche d’ufficio e senza ritardo, al pubblico ministero ovvero alle altre autorità competenti (giudice penale, giudice minorile, autorità amministrativa) informazioni in merito ai diversi procedimenti pendenti, con trasmissione degli atti (ove ostensibili, perché non coperti da segreto istruttorio) entro il termine di quindici giorni. È espressamente previsto che il pubblico ministero presenti memorie e produca atti, la disposizione - al contrario di quella generale che disciplina i poteri del pubblico ministero, prevedendo la facoltà di produrre memorie e documenti (cfr. articolo 72 c.p.c.) - dispone che il pubblico ministero rivesta necessariamente un ruolo attivo nei giudizi in esame, onerandolo di partecipare non con un contributo meramente formale ma assumendo un ruolo effettivo, che può pienamente assicurare in ragione del bagaglio conoscitivo al quale tale organo accede e del ruolo che lo stesso riveste nel procedimento penale e in quello civile e minorile. Fino alla costituzione del nuovo tribunale per le persone, per le famiglie e per i minorenni sarà necessario un ampio coordinamento tra il pubblico ministero operante presso la Procura della Repubblica dinanzi al tribunale ordinario e il pubblico ministero minorile, per permettere che le informazioni nella disponibilità delle diverse autorità inquirenti possano essere trasfuse nei giudizi civili o minorili. Il sesto comma prevede espressamente che non si applicano le disposizioni relative alla necessaria presenza delle parti e al tentativo di conciliazione, per quanto sopra evidenziato con riguardo alle previsioni inserite nel terzo comma.