Con riferimento all’articolo 473-bis.39 c.p.c., si osserva quanto segue. Il legislatore della delega ha compiuto una scelta di razionalizzazione della disciplina esistente sul tema dell’attuazione dei provvedimenti di affidamento della prole, che comprende il contestuale restyling delle regole processuali dell’art. 709 ter c.p.c. con il potenziamento dei poteri ufficiosi del giudice.
Infatti, accanto alla nuova disciplina concernente l’esercizio da parte del giudice di un potere di vigilanza ed intervento sul provvedimento emesso e rimasto inattuato, si interviene a riscrivere la disciplina di cui all’art. 709-ter c.p.c. con alcuni correttivi rivolti a potenziare l’efficacia concreta del rimedio già previsto dal legislatore.
Viene, infatti, introdotta la possibilità di adottare d’ufficio le “astreintes” ex articolo 614-bis c.p.c., previsione già contemplata nel dettaglio dal comma 33 della legge delega, entrato in vigore il 22 giugno 2022, incrementando i poteri di intervento e il ruolo di impulso del giudice in relazione ai comportamenti che possono pregiudicare il corretto svolgimento delle modalità di affidamento o creino comunque pregiudizio al minore, anche nei casi di gravi, perché ad esempio reiterate, sistematiche o strumentali inadempienze a provvedimenti di natura economica, soprattutto in ipotesi come quelle del mancato pagamento delle spese straordinarie in cui gli ulteriori strumenti messi a disposizione (ordine di pagamento diretto al terzo) non possono venire in soccorso.
Il legislatore, in questo modo, opta per una scelta di completezza ed unitarietà della disciplina dettata in tema di esecuzione dei provvedimenti sull’affidamento dei minori, rafforzando la doverosità degli stessi e altresì dei provvedimenti di natura economica in favore della prole, ritenendo opportuna la declinazione completa del novero delle tipologie di interventi di natura esecutiva, sanzionatoria e risarcitoria costituenti la risposta giurisdizionale a quei comportamenti che sono posti in essere dai genitori volontariamente e che possono minare l’obiettivo di rendere operativo il contenuto dei provvedimenti in questione.
Lo fa introducendo, peraltro, maggiori poteri officiosi nelle ipotesi in cui emergano comportamenti che integrino le gravi inadempienze e il pregiudizio al minore descritto dalla norma.
A differenza di quanto previsto nell’art. 473-bis.38, che disciplina i casi di verosimile inerzia derivante dalle contestazioni insorte tra le parti relativamente al modus nel quale attuare il provvedimento o di difficoltà oggettive o soggettive che impediscano la concreta operatività di esso, l’articolo in commento descrive condotte volontariamente pregiudizievoli in una duplice direzione.
In particolare, alle gravi inadempienze che minano il corretto svolgimento delle modalità di affidamento e agli atti volti a danneggiare il minore corrisponde la possibilità di disporre d’ufficio, alternativamente o cumulativamente, una serie di interventi che vanno dall’ammonimento alla condanna ad una sanzione pecuniaria o alla fissazione di una somma di denaro da doversi corrispondere ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento o per le violazioni successive nei casi più gravi di inerzia volontaria.
Per la sanzione amministrativa pecuniaria il legislatore ha confermato il range entro il quale si può disporre da un minimo di euro 75 a un massimo di euro 5.000 da versarsi in favore della cassa delle Ammende.
Il giudice, quindi, una volta verificata la sussistenza dei descritti comportamenti incidenti negativamente sul corretto svolgimento del programma di affidamento, ovvero anche per gravi inadempienze di ordine economico, può intervenire a modificare il provvedimento vigente e, anche in assenza di istanze di parte, procedere a condannare le parti al pagamento delle sanzioni descritte dalla norma. La natura di queste ultime, tipicamente sanzionatoria, può essere ricondotta, a quei “punitive damages”, molto diffusi nei paesi di Common law, previsti in relazione a comportamenti denotati dalla cd. “malice” (assimilabile al dolo del nostro ordinamento) relativi alla possibile lesione di diritti fondamentali. La natura sanzionatoria assimilabile tipicamente a quella di natura penale di tali provvedimenti ne consente la cumulabilità con il risarcimento del danno previsto dal successivo quarto comma dell’articolo in esame. Risarcimento al quale il giudice può procedere anche d’ufficio nel caso venga disposto in favore del minore.
L’ultimo comma della norma stabilisce infine che “I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”. La norma riproduce il disposto dell’art. 709-ter c.p.c. e deve essere interpretata come riferita ai mezzi tradizionali e comuni di impugnazione previsti per il modello formale di provvedimento nel cui ambito le misure vengono in concreto in emanate, intendendosi dunque che le misure previste dalla norma in esame sono sempre impugnabili nelle forme previste per il provvedimento che fa ad essi da cornice.
Ciò significa, a mero titolo esemplificativo, che dovrà considerarsi esperibile l’appello avverso le sentenze e il reclamo ex art. 473 bis.24 avverso i provvedimenti temporanei e urgenti di cui all’art. 473 bis.22.