L’articolo di cui all’articolo 473-bis.26 c.p.c. costituisce attuazione del criterio di delega contenuto nell’art. 1, comma 23, lett. ee), l. n. 206/2021 nel quale è prevista: “la facoltà per il giudice, anche relatore, su richiesta concorde di entrambe le parti, di nominare un professionista, scelto tra quelli iscritti nell'albo dei consulenti tecnici d'ufficio, ovvero anche al di fuori dell'albo in presenza di concorde richiesta delle parti, dotato di specifiche competenze in grado di coadiuvare il giudice per determinati interventi sul nucleo familiare, per superare i conflitti tra le parti, per fornire ausilio per i minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra genitori e figli”.
Ispirato da buone prassi presenti in taluni tribunali, che si sono sviluppate dalla constatazione della necessità che il giudice della famiglia e dei minori sia coadiuvato da professionisti esperti in altri saperi, non solo a fini di valutazione ma anche al fine di attuare specifici interventi, la norma in esame prevede la possibilità che il giudice (il potere deve essere riconosciuto anche in corso di causa) possa nominare ai sensi dell’articolo 68
c.p.c. quale suo ausiliario un professionista, scelto tra quelli iscritti all’albo dei CTU (ovvero anche al di fuori dell’albo in presenza di concorde richieste delle parti) per compiere specifiche attività, espressamente demandate dal giudice, qualora necessarie alla risoluzione del conflitto familiare o a fini di ausilio o sostegno alla relazione genitori-figli. Si pensi, ad esempio, ai numerosi casi in cui, pur in assenza di condotte gravemente pregiudizievoli del genitore, siano diradati o interrotti i rapporti genitori-figlio ovvero il figlio sia in tenera età
ed emergano resistenze da parte del genitore convivente a consentire a libere frequentazioni da parte dell’altro, giudicato inidoneo all’accudimento, ovvero anche alle ipotesi, non infrequenti, in cui minori adolescenti abbiano difficoltà di relazione con l’esterno anche a causa della vicenda separativa che ha coinvolto il nucleo familiare. In queste ipotesi il ricorso a professionisti (psicologi, assistenti sociali, pedagogisti ecc.) può essere un valido e spesso risolutivo aiuto. Al fine di controllare l’operato del professionista è tuttavia necessario inserirlo in una cornice processuale, che viene individuata nell’articolo 68 c.p.c. Nell’ambito del singolo procedimento il professionista verrà nominato ausiliario del giudice ai sensi del richiamato articolo 68 c.p.c., nella qualità di “esperto in una determinata professione” incaricato di assistere il giudice ai sensi dell’articolo 337-ter c.c., norma che prevede che il giudice adotti “i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa” per “assicurare che il figlio mantenga un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori”; solo il ricorso ad un professionista esperto può consentire di assistere l’autorità giudicante nel compimento di queste attività.
La norma prevede che a queste figure possa farsi ricorso solo previo assenso di entrambe le parti del processo, in primo luogo per i costi che saranno a carico delle parti nel caso di nomina dell’ausiliario (salva la possibilità di ricorrere al patrocinio a spese dello Stato per le parti ammesse al beneficio) e, inoltre, in considerazione della particolarità degli interventi che con questo strumento verranno attuati e che necessitano della collaborazione e non dell’opposizione delle parti. In caso di opposizione il giudice potrà ricorrente agli ordinari strumenti di ausilio (quali, ad esempio, incarichi al servizio socio-assistenziale).
Il primo comma della norma in esame indica i presupposti per procedere alla nomina (concorde richiesta delle parti), precisa che gli esperti nominati saranno qualificati quali ausiliari del giudice, e che gli stessi potranno essere scelti o attingendo agli albi dei CTU ovvero anche al di fuori di tale ambito in presenza di accordo delle parti. La norma non indica gli esatti contenuti dell’incarico demandato a tali ausiliari, descrivendone soltanto i fini; si tratterà infatti di interventi non codificati, ma da adattare alle singole fattispecie per superare i conflitti tra le parti, ovvero fornire ausilio ai minori, in particolare (ma non solo) per favorire la ripresa o il miglioramento delle relazioni genitori-figli dove incrinate o interrotte.
Il secondo comma precisa che il giudice individua esclusivamente gli obiettivi dell’intervento, assegnando termini, anche periodici qualora si tratti di interventi che necessitino di un consistente lasso di tempo per essere realizzati, alla scadenza dei quali l’ausiliario dovrà depositare una relazione sull’attività svolta con concessione di termini anche alle parti per il deposito di note scritte. Tale intervento è diverso da quelli valutativi propri della CTU, avvicinandosi agli interventi di sostegno perché finalizzato a risolvere situazioni in cui le relazioni genitori figli risultino compromesse, ovvero emergano specifiche difficoltà dei minori. Il giudice procedente conserva per tutta la durata dell’intervento un ruolo di controllo e di guida dello stesso, in quanto il comma terzo precisa che in caso di questioni sui poteri e sui limiti dell’incarico conferito sia l’ausiliario sia le parti potranno rivolgersi al giudice, che adotterà i provvedimenti opportuni.