Quanto all’articolo 473-bis.10 c.p.c. si osserva quanto segue. La mediazione familiare, valorizzata dalla legge delega, non costituisce propriamente un istituto di risoluzione alternativa della controversia, perché la mediazione, anche quando produce un accordo, non risolve di per sé la lite, essendo sempre necessario un ulteriore momento più specificamente giuridico-formale.
In particolare, con riferimento alle ipotesi in cui si tratta di provvedimenti riguardanti i figli, essa si propone come un percorso di ristrutturazione e rigenerazione della relazione tra le parti, nella difficile transizione tra la relazione affettiva e il mantenimento di quella genitoriale. È in questo quadro psicologico e comunicativo che interviene l’assistenza di un terzo professionista, il mediatore, che svolge la sua opera con strumenti che non sono puramente giuridici, in un contesto qualificato, o setting, che non faccia percepire alle parti la tensione agonistica e avversariale del processo, ma semmai rafforzi in loro la capacità comunicativa e di confronto e con essa il proposito di mettersi d’accordo. Di qui una serie di peculiarità che deve rispettare la disciplina giuridica di questo istituto, che presenta caratteristiche al contempo endoprocessuali ma anche extraprocessuali.
Sotto il profilo dell’accesso alla mediazione, la stessa è configurata come una possibilità alla quale le parti devono poter ricorrere su base volontaria. A tal fine, si è preso spunto dall’esperienza di ordinamenti in cui questa pratica si è particolarmente sviluppata, prevedendo la possibilità per le parti di ricevere direttamente informazione da un mediatore circa le caratteristiche e le modalità di questo percorso.
Il secondo comma della norma prevede poi che, qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 473-bis.22 c.p.c. per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli. La norma riproduce il contenuto dell’attuale art. 337-octies, secondo comma, c.c. e risponde all’idea che laddove le parti, motivate a percorrere la strada della mediazione, esprimano il loro accordo in tal senso, il giudice possa anche rinviare l’adozione dei provvedimenti temporanei e urgenti che pure sarebbe tenuto a emanare. La disposizione mira a consentire alle parti interessate alla mediazione di verificare la possibilità di una soluzione bonaria del conflitto, evitando che il nuovo assetto che diversamente sarebbe stato determinato dal giudice possa compromettere la prosecuzione della via del dialogo.