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Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149
Articolo 3 comma 33 5
Modifiche al codice di procedura civile

Gli articoli 473-bis.4, 473-bis.5 e 473-bis.6 c.p.c. disciplinano l’istituto dell’ascolto del minore, al quale nell’ordinamento viene attribuita una rilevanza sempre crescente, anche alla luce della normativa sovranazionale di riferimento, e per il quale l’art. 23, lett. dd) prevede il riordino delle relative disposizioni.

In attuazione di tale disposizione programmatica l’art. 473-bis.4 c.p.c., al primo comma, prevede che il minore che ha compiuto gli anni dodici ed anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal giudice nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano, se necessario con l’assistenza di un esperto o altro ausiliario. In tal caso è il magistrato a condurre l’ascolto (c.d. ascolto diretto) o ad ascoltare il minore con l’assistenza di un ausiliario o esperto in psicologia o psichiatria infantile (c.d. ascolto assistito). Il legislatore ha qui escluso espressamente la delega, da parte del giudice, dell’ascolto del minore, stante la delicatezza dei temi sui quali il minore è chiamato ad esprimersi.

La norma dispone che le opinioni del minore debbano essere tenute in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità.

È attribuita una generale portata all’ascolto del minore, il quale vanta un vero e proprio diritto di esprimere il proprio pensiero in tutte le questioni e le procedure finalizzate a incidere nella propria sfera individuale.

Un’importante innovazione riguarda la previsione che stabilisce di tener conto di quanto espresso dal minore, avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità e ciò in attuazione di quanto sancito a livello sovranazionale. A questo proposito va ricordato che la Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui Diritti del fanciullo, ratificata dall’Italia con L. 27 maggio 1991 n. 176, all’art. 12 impone agli Stati parti della Convenzione di garantire al minore capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa. La norma in discorso attribuisce rilevanza alle opinioni espresse dal minore, dovendo essere le stesse debitamente prese in considerazione avuto riguardo alla sua età ed al suo grado di maturità.

Così anche la Convenzione sulla Protezione dei Minori e sulla Cooperazione in materia di adozione internazionale fatta a all’Aja il 29 maggio 1993, all’art. 4 dispone che l’adozione possa aver luogo soltanto se i desideri e le opinioni del minore siano state prese in considerazione e se il consenso del minore all’adozione, quando richiesto, è stato prestato liberamente e spontaneamente.

Il dovere di tener conto di quanto espresso dal minore in sede di ascolto è poi contemplato dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea firmata il 18 dicembre del 2000 a Nizza, rubricato “Diritti del bambino”, che al primo comma riconosce al minore il diritto di esprimere liberamente la propria opinione, dovendo poi questa essere presa in considerazione sulle questioni che lo riguardano in funzione dell’età e della maturità dello stesso.

Inoltre il Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio del 25 giugno 2019 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori, all’art. 21, rubricato “Diritto del minore ad esprimere la propria opinione”, prevede che nell’esercitare la competenza in materia di responsabilità genitoriale, le autorità giurisdizionali degli Stati membri danno al minore capace di discernimento, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, la possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione, direttamente o tramite un rappresentante o un organismo appropriato. Il secondo comma della citata disposizione prevede che qualora decida, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, di dare al minore la possibilità di esprimere la propria opinione ai sensi del presente articolo, l’autorità giurisdizionale tiene debito conto dell’opinione del minore in funzione della sua età e del suo grado di maturità.

Il legislatore ha inteso qui tutelare l’autodeterminazione e la personalità del minore, che designa il patrimonio individuale del singolo da individuarsi non solo nelle capacità e inclinazioni naturali ma anche nelle aspettative del minore.

Quanto alla valutazione delle dichiarazioni rese dal minore capace di discernimento e quindi dotato di sufficiente maturità, si deve comunque riconoscere al giudice la possibilità di discostarsi dalle indicazioni dello stesso minore, nel suo superiore interesse: in questo caso è ineludibile una puntuale giustificazione della decisione assunta in contrasto con le dichiarazioni del minore.

Il secondo comma dell’articolo 473 bis.4 c.p.c. dispone che il giudice non procede all’ascolto, dandone atto con provvedimento motivato, se esso è in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo, in caso di impossibilità fisica o psichica del minore o se il minore manifesta la volontà di non essere ascoltato.

Per tale ragione l’ascolto non può aver luogo, previa motivazione, in tutti i casi in cui risulti pregiudizievole per il minore, anche tenuto conto delle condizioni psichiche o fisiche dello stesso (così come previsto dall’art. 23, lett. s) della delega che fa salvi i casi di “impossibilità del minore”), o appaia del tutto privo di utilità. Il fondamento di siffatta esclusione è da ravvisare in ulteriori esigenze alle quali il legislatore attribuisce rilevanza: l’ascolto, seppur finalizzato alla ricerca dell’interesse di quest’ultimo e alla individuazione della soluzione migliore per lo stesso, non è tuttavia privo di conseguenze potendo talvolta essere dannoso per il minore.

In determinate ipotesi l’ascolto può difatti risultare contrario all’interesse del minore tenuto conto delle condizioni dello stesso e dei disagi che a quest’ultimo possano derivarne.

L’esclusione dell’ascolto può altresì aver luogo qualora sia il minore a non voler essere ascoltato, dovendo in questa ipotesi essere rispettata la scelta del minore a non essere coinvolto nella vicenda giudiziaria.

Il terzo comma dell’articolo 473-bis.4 c.p.c. prevede che nei procedimenti in cui si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice procede all’ascolto soltanto se necessario: siffatta norma mira a tutelare l’interesse del minore a non essere ulteriormente esposto a possibili pregiudizi derivanti dal rinnovato coinvolgimento emotivo nelle questioni relative alla rottura del nucleo familiare, qualora il giudice prenda atto dell’accordo tra i genitori e ritenga non indispensabile procedere all’ascolto. Tale disposizione abroga quanto previsto dall’articolo 337 octies del codice civile, secondo cui nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo all’affidamento dei figli, il giudice deve sempre procedere all’ascolto, salvo che ciò appaio in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo.

L’articolo 473-bis.5 c.p.c. dà poi attuazione a quanto previsto a livello sovranazionale in ordine all’introduzione di una serie di garanzie e di accorgimenti che il giudice dovrà adottare ai fini dell’ascolto, durante il quale potrà farsi assistere da esperti e altri ausiliari: è difatti stabilito che il giudice debba fissare l’udienza tenuto conto degli impegni scolastici del minore, rendendolo edotto della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto tenuto conto della maturità e dell’età del minore e procedendo all’adempimento con modalità che garantiscano la serenità e la riservatezza del minore.

A questo proposito l’articolo 25 della “Convenzione di Lanzarote” del 25 ottobre 2007, adottata dal Consiglio d’Europa e ratificata dall’Italia il 10 ottobre 2012, rubricato “Audizione del minore”, prevede il dovere degli Stati parti di assicurare che le audizioni del minore si svolgano, ove necessario, in locali concepiti o adattati a tal fine e siano condotte da professionisti.

La chiusa del quarto comma dell’articolo 473-bis.5 c.p.c. attribuisce al giudice il dovere di informare il minore che abbia compiuto i quattordici anni, della possibilità di chiedere la nomina di un curatore speciale. Tale disposizione mira a dare concreta attuazione a quanto previsto dall’articolo 473-bis.8 c.p.c. che prevede la nomina da parte del giudice del curatore speciale qualora sia il minore quattordicenne a richiederlo. 

L’articolo 473-bis.5 c.p.c., al terzo comma, contempla il dovere del giudice, prima di procedere all’ascolto, di indicare i temi oggetto dell’adempimento alle parti e ai difensori. Ai genitori, a coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, ai difensori delle parti, al curatore speciale del minore, se nominato, e al pubblico ministero è riconosciuta la facoltà di proporre argomenti e temi di approfondimento e, se autorizzati dal giudice, di partecipare all’ascolto.

Per assicurare il più corretto svolgimento dell’ascolto, e per evitare successivi possibili fraintendimenti o dubbi interpretativi circa quanto concretamente avvenuto in tale sede, l’articolo 23 lett. s) della delega ha previsto che il giudice debba procedere “in ogni caso” alla videoregistrazione dell’ascolto del minore.

A tal fine, dunque, l’ultimo comma dell’articolo 473-bis.5 c.p.c. prevede in ogni caso che dell’ascolto del minore sia effettuata registrazione audiovisiva. Qualora per motivi tecnici non è possibile procedere alla registrazione, il processo verbale dell’ascolto deve descrivere dettagliatamente il contegno del minore.

La disposizione di cui sopra entrerà in vigore una volta che il Ministero abbia adottato un decreto ministeriale che doti gli uffici degli strumenti tecnologici necessari alla videoregistrazione, da redigere a cura dello stesso organo ministeriale.

In assenza di videoregistrazione, come detto, il giudice dovrà procedere a una verbalizzazione quanto più analitica dell’ascolto, anche dando conto del contegno del minore.

In considerazione della portata generale delle nuove norme, deve altresì prevedersi l’abrogazione dell’articolo 336-bis c.c. e dell’articolo 38 disp. att. c.c., con inserimento del contenuto di quest’ultimo in una nuova disposizione di attuazione del codice di procedura civile (l’articolo 152-quater). Viene inoltre inserita una nuova disposizione di attuazione del codice di procedura civile (l’articolo 152-quinquies), che prevede che “con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia sono stabilite le regole tecniche per la registrazione audiovisiva, la sua conservazione e il suo inserimento nel fascicolo telematico”.

Ancora, l’articolo 23, lett. b) della delega, nel disciplinare i casi di rifiuto del minore di aver contatti con uno o entrambi i genitori, ha previsto il dovere del giudice di accertare con urgenza le cause del rifiuto, procedendo personalmente all’ascolto del minore e assumendo ogni informazione ritenuta necessaria.

In attuazione di siffatto principio, il legislatore delegato ha introdotto l’articolo 473-bis.6 c.p.c. che prevede che qualora il minore rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice procede all’ascolto senza ritardo.

In ogni caso, il giudice assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto ai sensi dell’articolo e può disporre l’abbreviazione dei termini processuali, stante l’urgenza di provvedere quanto prima al ripristino del legame familiare.

L’ultimo comma dell’articolo 473-bis.6 c.p.c. dispone l’applicazione di tali disposizioni anche nei procedimenti in cui siano allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l’altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Il fondamento della norma deve essere ravvisato nell’esigenza di garantire una pronta tutela in tutti i casi in cui vi sia il rischio di compromissione del mantenimento della relazione affettiva tra il minore e il genitore o tra il minore e gli ascendenti o altri parenti di ciascun ramo genitoriale: al riguardo, il legislatore ha reputato necessario prevedere che il giudice debba procedere prontamente e personalmente all’ascolto, fatta salva la possibilità di farsi assistere da un esperto o altro ausiliario.

Il giudice potrà poi assumere sommarie informazioni da soggetti che possano riferire su circostanze utili ai fini della decisione, sulle cause del rifiuto del minore ad avere contatti o ad incontrare il genitore, gli ascendenti o altri familiari.