L’art. 473-bis.2 c.p.c. dà attuazione all’art. 1 comma 23, lett. t) della legge delega, che disciplina nel dettaglio i poteri ufficiosi del giudice, anche nella veste di giudice monocratico nominato fin dal deposito del ricorso, che gestisce tutta la fase di trattazione e di istruzione, a tutela degli interessi del minore, attribuendogli, oltre al potere di “nominare il curatore speciale” (in tutti i casi previsti dalla legge ma anche ogni qualvolta emergano i presupposti previsti dall’articolo 78 del codice di procedura civile e, più nello specifico, dalla nuova norma di cui all’art. 473 bis.8 c.p.c.) il potere decisorio di “adottare i provvedimenti opportuni in deroga all’articolo 112”, nonché poteri di natura squisitamente istruttoria, consistenti nel “disporre mezzi di prova al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile”, purché venga rispettata la generale clausola di salvaguardia costituita da quella particolare applicazione del principio del contraddittorio (che deve potersi pienamente esplicare anche in materia istruttoria) rappresentata dal diritto alla prova contraria.
In particolare, infatti, sebbene anche nel sistema previgente (come la giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo in molteplici occasioni di sottolineare) già si potesse ricavare da tutto l’impianto codicistico costruito dalla legge di riforma del diritto di famiglia, l’attribuzione di poteri officiosi all’organo giudicante per la tutela della prole, tuttavia la norma concepita dal legislatore delegato non solo ne esplicita l’attribuzione, ma intende altresì delinearne i contorni, superando le incertezze e le disarmonie talvolta emerse nella prassi applicativa della giurisprudenza di merito sulla competenza ad adottare provvedimenti ad opera del giudice monocratico, quali, appunto la nomina del curatore, spesso demandata al collegio.
La norma non individua poi quali tipi di provvedimenti il giudice possa adottare, utilizzando un’espressione ampia e volutamente “elastica”, che consente esclusivamente di enuclearne la finalità che è quella, appunto, di apprestare massima tutela al minore.
Significativi sono inoltre i poteri istruttori che, sempre nell’ottica della tutela, consentono al giudice di individuare i mezzi di prova che possono essere assunti ai predetti fini e ciò, sia a prescindere dalle deduzioni delle parti, sia anche “al di fuori dei limiti stabiliti dal codice civile”, con riferimento pertanto alle limitazioni di cui agli articoli 2721 e seguenti del predetto codice.
Resta naturalmente inteso (e a tal fine è deputata la clausola di salvaguardia inserita nella norma) che qualora il giudice eserciti poteri istruttori d’ufficio egli è in ogni caso tenuto a garantire il contraddittorio con le parti ed attribuire loro la facoltà di dedurre mezzi di prova contraria.
Il secondo comma della norma specificamente prevede poi che con riferimento alle domande di contributo economico, il giudice può d’ufficio ordinare l’integrazione della documentazione depositata dalle parti e disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, anche nei confronti di terzi, valendosi se del caso della polizia tributaria.
La norma deve ritenersi applicabile a tutti i provvedimenti che dispongono contributi periodici di somme di denaro, e in particolare tutte le diverse forme di assegno previste nell’ordinamento.
In tale ambito, i poteri istruttori officiosi del giudice si declinano consentendogli di acquisire, dalle parti stesse ovvero anche da terzi, tutte le informazioni e la documentazione patrimoniale e reddituale necessaria, in ossequio a quanto indicato nel comma 23, lett. t) della legge delega, che riconosce all’organo giudicante “poteri officiosi di indagine patrimoniale”. A tal fine, in particolare, “il giudice può d’ufficio ordinare l’integrazione della documentazione depositata dalle parti e disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, anche nei confronti di terzi, valendosi se del caso della polizia tributaria”.
Il legislatore delegato ha così inteso generalizzare un potere già riconosciuto nella materia della separazione, del divorzio e nell’articolo 337 ter del codice civile, attribuendo al giudice istruttore, in tutti i procedimenti ai quali si applica il nuovo rito, di ordinare l’integrazione della documentazione depositata dalle parti, disporre ordini di esibizione, si badi bene, anche d’ufficio, e ciò in deroga all’articolo 210 del codice di procedura civile, che ne subordina l’emissione alla richiesta delle parti, indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, anche nei confronti di terzi valendosi, se del caso, della polizia tributaria.