L’articolo 473-bis.1 c.p.c. dà attuazione al principio di delega contenuto nell’art. 1, comma 23, lett. c), prima parte, che invita a “prevedere la competenza del tribunale in composizione collegiale, con facoltà di delega per la trattazione l'istruzione al giudice relatore…”.
Nel vigente quadro normativo si registrano differenze nelle disposizioni quanto alla trattazione dei procedimenti di competenza collegiale. Nei procedimenti di separazione e divorzio, per esempio, è normativamente attribuita al giudice istruttore la possibilità di emettere in corso di causa provvedimenti provvisori, con ampia delega per la trattazione e l’istruzione; al contrario nei procedimenti per i quali è prevista l’applicazione del rito camerale (per esempio procedimenti de responsabilitate di cui agli art. 330 ss. del codice civile, ovvero per la disciplina dell’affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, ovvero per la modifica delle condizioni di separazione e divorzio), l’art. 738 del codice di procedura civile prevede la possibilità che il presiedente possa designare un giudice relatore, al quale possono essere delegati solo specifici adempimenti, con esclusione della possibilità che il giudice relatore possa adottare provvedimenti decisori anche se provvisori, ovvero procedere all’ammissione di istanze istruttorie.
L’attuale quadro normativo, oltre a prevedere l’applicazione di riti diversificati per materie analoghe, con correlate possibili non solo disarmonie ma anche “discriminazioni processuali”, comporta inevitabili rallentamenti nell’istruttoria e nella trattazione in tutti i procedimenti per i quali è previsto che sia il collegio ad assumere decisioni anche soltanto temporanee e provvisorie, o addirittura di natura istruttoria.
Con il principio sopra richiamato la legge delega ha voluto superare tutte queste difficoltà.
La norma in esame, oltre ad essere il precipitato dell’unificazione dei riti di cui all’art. 473-bis c.p.c., con superamento delle differenze processuali oggi esistenti, ha finalità acceleratorie perché conferisce al giudice, che verrà individuato dal collegio, il potere di condurre l’istruzione e la trattazione del procedimento, con intuibile maggiore velocità e agilità per le decisioni. Essendo stata prevista la delega al singolo componente del collegio per l’istruzione e per la trattazione, nei diversi articoli che regoleranno il futuro procedimento uniforme, in materia di persone, minorenni e famiglie, occorre fare riferimento anche al singolo giudice delegato dal collegio, ovvero secondo il riferimento contenuto nella legge delega il giudice relatore, il quale dunque potrà anche adottare autonomamente atti di istruzione o decisioni provvisorie, con individuazione in modo puntuale dei poteri allo stesso attribuiti. Solo a titolo esemplificativo, e rinviando all’intero capo I in esame per la disciplina di dettaglio, il giudice relatore potrà: nominare il curatore speciale del minore, ovvero il tutore provvisorio nei casi previsti; esercitare gli ampi poteri d’ufficio riconosciuti nel caso in cui debbano essere adottati provvedimenti in materia di minori (sia quanto alla possibilità di adottare provvedimenti a tutela dei minori al di fuori dei limiti della domanda sia per l’ammissione d’ufficio di mezzi di prova, nei casi normativamente previsti); condurre l’ascolto del minore; adottare i provvedimenti indifferibili; tenere l’udienza di comparizione personale delle parti, all’esito della quale adottare i provvedimenti provvisori; ammettere istanze istruttorie, CTU, delegare indagini ai Servizi socio assistenziali; tenere le ulteriori udienze istruttorie necessarie per giungere alla decisione; modificare i provvedimenti provvisori ricorrendone i presupposti.
Il giudice relatore condurrà, quindi, l’intera trattazione e istruzione del procedimento essendo la sola decisione rimessa al collegio, al quale egli dovrà riferire gli esiti del procedimento nella camera di consiglio che precede l’adozione della decisione finale.
Questa scelta, dettata dalla necessità di assicurare maggiore celerità e speditezza nella trattazione dei procedimenti in esame, comunque non comporterà una riduzione delle tutele delle parti, in quanto a differenza di quanto previsto nella normativa vigente, ai sensi della quale né i provvedimenti provvisori emessi dal giudice istruttore nei procedimenti di separazione e divorzio, né i provvedimenti provvisori emessi nell’ambito dei procedimenti camerali (tranne limitate eccezioni) sono reclamabili, sarà prevista la possibilità di proporre reclamo avverso tutti i provvedimenti provvisori adottati dal giudice all’esito della prima udienza di comparizione delle parti, nonché avverso tutti quelli emessi in corso di causa, in forza del potere di modificare e revocare i provvedimenti provvisori già emessi, qualora abbiano contenuti decisori particolarmente incidenti sui diritti dei minori; per esempio, in caso di sospensione o di sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, ovvero di sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione del minore (si pensi al mutamento di collocamento prevalente per il minore dall’abitazione di un genitore a quella dell’altro, ovvero all’autorizzazione alla modifica della residenza abituale da un comune all’altro) o ancora nel caso di affidamento a terzi del minore.
Al beneficio della maggiore celerità nella trattazione del procedimento, con superamento della collegialità per l’adozione dei provvedimenti istruttori o provvisori, si accompagna pertanto anche un ampliamento delle tutele derivante dal riconoscimento della possibilità di proporre reclamo anche avverso determinati provvedimenti provvisori sino a oggi non suscettibili di alcuna forma di controllo immediato da parte di altro giudice.