Le modifiche apportate all’articolo 283 c.p.c. consistono nella trasposizione in forma precettiva del principio di delega previsto dalla lettera f) del comma 8, a mente del quale occorre prevedere: 1) «che la sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza impugnata sia disposta sulla base di un giudizio prognostico di manifesta fondatezza dell'impugnazione o, alternativamente, sulla base di un grave e irreparabile pregiudizio derivante dall'esecuzione della sentenza anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti quando la sentenza contiene la condanna al pagamento di una somma di denaro»;
2) che l’istanza di sospensione «possa essere proposta o riproposta nel corso del giudizio di appello, anche con ricorso autonomo, a condizione che il ricorrente indichi, a pena di inammissibilità, gli specifici elementi sopravvenuti dopo la proposizione dell'impugnazione»; 3) «che, qualora l'istanza sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata, il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l'ha proposta al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio». Si è inteso precisare che il pregiudizio grave e irreparabile, tale da fondare l’accoglimento dell’inibitoria, può derivare “anche” dall’esecuzione di pronunce di condanna al pagamento di somme di denaro, in particolare in relazione alla possibilità di insolvenza, ma che al tempo stesso la tutela può riferirsi altresì a sentenze di condanna ad un facere o a un pati, “anche” in relazione alle quali può venire in rilievo la possibilità di insolvenza di una delle parti (si pensi, ad es., all’ipotesi in cui sia stata ordinata la demolizione di un’opera, e il creditore non dia garanzie di essere poi in grado di ripristinarla, nel caso in cui la decisione venga riformata). Nel dare attuazione alla delega si è quindi voluto prevenire possibili interpretazioni restrittive che avrebbero potuto limitare la rilevanza della possibilità di insolvenza alle sole condanne aventi ad oggetto una somma di denaro.
In relazione al procedimento di correzione di errore materiale previsto dagli articoli 287 e seguenti c.p.c., si è ritenuto di non attuare il principio di delega previsto dalla lettera h) («introdurre modifiche all'articolo 288 del codice di procedura civile, prevedendo la possibilità di ricorrere al procedimento di correzione nei casi in cui si voglia contestare l'attribuzione o la quantificazione delle spese di lite liquidate con un provvedimento già passato in giudicato, prevedendo altresì che tale procedimento non sia più esperibile decorso un anno dalla pubblicazione del provvedimento»), in quanto la sua pratica attuazione – a fronte di un impatto verosimilmente assai limitato sul numero di impugnazioni proposte - avrebbe comportato un vulnus al principio dell’intangibilità del giudicato, consentendo di rimettere in discussione la statuizione sulle spese di lite contenuta in sentenze non più sottoposte ad impugnazione (per il decorso dei termini a tale fine previsti, o perché confermate nei successivi gradi di giudizio). L’attuazione della delega pone inoltre seri problemi di coordinamento per il caso in cui l’impugnazione venga proposta successivamente all’istanza di correzione, e il suo effetto deflattivo appare sostanzialmente irrilevante, se solo si considera che il provvedimento così corretto potrebbe nuovamente essere impugnato relativamente alle parti oggetto di correzione. L’attuazione della delega, pertanto, più che in uno strumento deflattivo si risolverebbe in una sorta di rimessione in termini per chiedere (non una mera correzione, bensì) la revisione di un capo del provvedimento pur una volta scaduti i termini per la sua impugnazione. In ordine a quanto previsto dal principio di cui alla lettera g), volta a prevedere la possibilità di trattazione scritta del procedimento per la correzione dell’errore materiale, si è preferito non inserire specifiche previsioni al riguardo, essendo pacificamente applicabile anche al procedimento di correzione di errore materiale la norma generale sulla trattazione scritta, ed essendo inopportuno introdurre delle specifiche disposizioni destinate a trovare applicazione per questo solo modello di procedimento.