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Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149
Articolo 3 comma 13
Modifiche al codice di procedura civile

Lettera a)

L’articolo 182 c.p.c. reca una modifica dettata da esigenze di coordinamento, come disposto dal comma 22 della legge delega, fra tale norma e l’articolo 171-bis: si include fra le verifiche preliminari anche l’eventuale mancanza della procura al difensore.

 

Lettera b)

L’articolo 183 c.p.c. è stato modificato per dare attuazione alle previsioni contenute nella lettera i) del comma 5 della legge delega, dove si prevede che nella prima udienza le parti debbano comparire personalmente e la mancata comparizione, senza giustificato motivo, sia valutabile ai sensi dell’art. 116, secondo comma.

Il secondo comma prevede che, salvo che non trovi applicazione l’articolo 187, il giudice provveda, quando formulata, sull’istanza dell’attore di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo.

L’accoglimento di tale richiesta comporta a fissazione di una nuova udienza ex articolo 183, i controlli preliminari di cui all’articolo 171-bis e la decorrenza dei termini per le memorie integrative di cui all’articolo 171-ter.

Il terzo comma prevede che il giudice interroghi liberamente le parti e chieda i chiarimenti necessari sulla base dei fatti allegati e proceda così al tentativo obbligatorio di conciliazione a norma dell’art. 185. Il richiamo espresso di tale disposizione è finalizzato a consentire alle parti, ove lo ritengano, di farsi rappresentare per tale adempimento.

Il quarto comma prevede che, alla stessa udienza, il giudice provveda sulle istanze istruttorie predisponendo il calendario del processo e fissando l’udienza di assunzione delle prove entro novanta giorni. Tenuto conto della natura, dell’urgenza e della complessità della causa, si prevede che il calendario delle udienze successive contenga una precisa programmazione, sino alla data dell’udienza di rimessione della causa in decisione, indicando gli incombenti che verranno espletati in ciascuna di esse.

È prevista la facoltà di riservare la decisione sui mezzi di prova, ma l’ordinanza emanata fuori udienza deve essere pronunciata entro i successivi trenta giorni. Si prevede infine che, quando vengano disposti d'ufficio mezzi di prova, come nella disciplina attuale, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi, nonché depositare memoria di replica nell'ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere a norma del quarto comma.

 

Lettera c)

L’articolo 183-bis c.p.c. ha subito modifiche dovute alla nuova configurazione del rito semplificato di cognizione, come conformato dalla lettera n) del comma 5 della legge delega. Si prevede che all’udienza di trattazione il giudice, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria e sentite le parti, se rileva che in relazione a tutte le domande proposte ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell’articolo 281- decies, dispone con ordinanza non impugnabile la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato e si applica il comma quinto dell’art. 281-duodecies.

 

Lettera d)

Finalità acceleratorie e di semplificazione della decisione ha anche la delega contenuta nel comma 5, lettere o), p) e q), finalizzata ad introdurre un nuovo strumento definitorio della lite nell’ambito delle controversie aventi ad oggetto diritti disponibili, ovverosia un provvedimento provvisorio ma con efficacia esecutiva, ispirato ad alcuni esempi della legislazione di altri ordinamenti (come, ad esempio, il référé provision di cui all’art. 809 del code de procédure civile francese o il summary judgment di cui all’art. 24 delle civil procedure rules anglosassoni) e modellato sulle fattispecie di c.d. condanna con riserva delle difese del convenuto, già prevista nel nostro ordinamento (articolo 1462 c.c. e articoli 35, 648 e 665 c.p.c.).

Il nuovo articolo 183-ter c.p.c. (attuativo della lettera o)) disciplina l’“ordinanza di accoglimento della domanda” e prevede che, limitatamente alle controversie di competenza del tribunale aventi ad oggetto diritti disponibili il giudice, nel corso del solo giudizio di primo grado e su istanza di parte, possa pronunciare ordinanza di accoglimento della domanda e così definire il giudizio in tale udienza. Il presupposto per la pronuncia di questo provvedimento provvisorio è configurato dal raggiungimento della prova dei fatti costitutivi della domanda e dalla valutazione giudiziale di manifesta infondatezza delle difese del convenuto. È specificato inoltre che in caso di pluralità di domande l’ordinanza può essere pronunciata solo se tali presupposti ricorrono per tutte, avendo l’ordinanza natura e scopo completamente definitorio del giudizio. La disposizione prevede, poi, che il provvedimento in questione sia provvisoriamente esecutivo e sia reclamabile ai sensi dell’articolo 669-terdecies c.p.c., e non sia comunque idoneo ad acquisire efficacia di giudicato ai sensi dell’articolo 2909 c.c. né la sua autorità sia invocabile in altri processi. La norma è strutturata in modo tale da escludere che, dopo la pronuncia dell’ordinanza, il giudizio abbia a proseguire, essendo deputata a soddisfare l’eventuale interesse della parte istante di munirsi celermente di un titolo immediatamente spendibile in via esecutiva, nella consapevolezza che la pronuncia non sia idonea ad acquisire autorità di cosa giudicata. In questo senso, tra l’altro, deve leggersi il carattere di provvisorietà che, in base alla delega, è riconosciuto all’ordinanza in oggetto.

Il secondo comma descrive l’efficacia e il regime di stabilità dell’ordinanza. Sotto il primo profilo la formula della norma esplicitamente attribuisce all’ordinanza la natura di titolo esecutivo, escludendo peraltro che la stessa possa acquistare l’autorità di cosa giudicata ai sensi dell’articolo 2909 del codice civile, o che la sua autorità possa essere invocata in altri processi.

La norma è poi tale da chiarire che unicamente l’ordinanza di accoglimento è reclamabile, non essendovi ragioni perché un controllo sia esercitato nei casi in cui l’istanza sia stata rigettata. Solo l’ordinanza di accoglimento, dunque, tanto laddove non impugnata quanto nei casi in cui il reclamo venga respinto, come subito si dirà, è quindi potenzialmente idonea a definire il giudizio. Ed è per tale ragione che è stato poi previsto che con la stessa ordinanza il giudice liquidi le spese di lite, essendo il giudizio concluso proprio con tale ordinanza.

Il terzo comma disciplina le sorti del processo quando l’ordinanza non sia stata reclamata o quando il reclamo sia stato respinto, prevedendo appunto che in queste ipotesi l’ordinanza di accoglimento di cui al secondo comma sia idonea a definire il giudizio e non sia ulteriormente impugnabile.

L’ultimo comma, conformemente alla delega, specifica poi che, in caso di accoglimento del reclamo, il giudizio prosegua innanzi a un magistrato diverso da quello che ha emesso l’ordinanza reclamata, essendo quest’ultima una manifestazione di convincimento del giudice nel merito del giudizio.

Inoltre, proprio per contrastare ab origine richieste pretestuose e strumentali ed evitare il prosieguo del giudizio, con inutile dispendio dell’attività giudiziaria e dell’impiego di risorse umane e organizzative, e con risparmio di tempi e di adempimenti processuali, il nuovo articolo 183-quater c.p.c. (attuativo delle lettere p) e q)), prevede che, già all’esito dell’udienza di comparizione delle parti e trattazione della causa nelle controversie di competenza del tribunale che hanno ad oggetto diritti disponibili, il giudice, su istanza di parte, possa pronunciare ordinanza provvisoria di rigetto della domanda proposta dall’attore quando la stessa sia manifestatamente infondata o sia priva dei requisiti essenziali dell’atto di citazione previsti al comma 3, nn. 3) e 4) dell’articolo 163 c.p.c. e la nullità non è stata sanata, o se, emesso l’ordine di rinnovazione della citazione o di integrazione della domanda, persiste la mancanza dell’esposizione dei fatti di cui al numero 4) del predetto terzo comma. Con riferimento alla lettera q) si è ritenuto di non modificare l’articolo 164, mantenendo in prima battuta la sanabilità dei vizi dell’atto di citazione sopra indicati, ritenendo che il legislatore non si sia espressamente spinto sino ad abrogare tale possibilità di sanatoria. È specificato inoltre che in caso di pluralità di domande l’ordinanza può essere pronunciata solo se tali presupposti ricorrono per tutte, avendo l’ordinanza natura e scopo completamente definitorio del giudizio. Come per l’ordinanza di accoglimento, anche nel caso di specie si prevede che soltanto l’ordinanza che accolga l’istanza (e dunque rigetti la domanda) possa essere reclamata ai sensi dell’articolo 669 terdecies c.p.c. e non abbia valore di giudicato né possa essere fatta valere in altri procedimenti. Anche in questo caso, dunque, la non idoneità ad acquisire autorità di cosa giudicata dà conto del carattere di provvisorietà che, in base alla delega, è riconosciuto all’ordinanza in oggetto.

È poi previsto che con la stessa ordinanza il giudice liquidi le spese di lite, essendo il giudizio concluso proprio con tale ordinanza. L’ultimo comma specifica inoltre che, in caso di accoglimento del reclamo, il giudizio prosegua innanzi a un magistrato diverso da quello che ha emesso l’ordinanza reclamata, essendo quest’ultima una manifestazione di convincimento del giudice nel merito del giudizio.

Anche per l’ordinanza di rigetto si prevede che quando l’ordinanza non sia stata reclamata o quando il reclamo sia stato respinto, la stessa sia idonea a definire il giudizio e non sia ulteriormente impugnabile.

 

Lettera e)

L’articolo 184 c.p.c. è stato abrogato in quanto non più compatibile con le nuove previsioni dell’articolo 183 che dispone che il giudice provveda in udienza sulle richieste istruttorie con facoltà di riservare ad un momento successivo fuori udienza la decisione sui mezzi di prova, ma l’ordinanza deve essere pronunciata entro i successivi trenta giorni.

 

Lettera f)

L’articolo 185 c.p.c. reca una lieve modifica per esigenze di coordinamento rispetto al criterio di cui al n. 2 della lettera i) del comma 5: è stato ribadito che tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell'istruzione, ma deve rispettare, nel suo complesso il calendario del processo.

 

Lettera g)

L’articolo 185-bis c.p.c. ha subito un intervento di modifica per attuare quanto previsto dal criterio contenuto nella lettera m) del comma 5: la proposta transattiva o conciliativa può essere ora formulata dal giudice fino al momento in cui fissa l’udienza di rimessione della causa in decisione.

 

Lettera h)

All’articolo 187 c.p.c. è stato solamente effettuata una modifica per allineare il rinvio alla opportuna previsione dell’articolo 183, ora confluita nel nuovo quarto comma e non più contenuta nel precedente ottavo comma (mezzi di prova disposti d’ufficio).

 

Lettera i)

L’articolo 188 c.p.c. reca modifiche dettate da esigenze di coordinamento sia rispetto al criterio di cui al n. 2 della lettera i) del comma 5, in ossequio al quale è stato ribadito che anche le modalità di assunzione dei mezzi di prova devono rispettare il calendario del processo, sia rispetto al generale obiettivo di operare il dovuto coordinamento fra le norme imposto dal comma 22 della legge delega, inserendo quindi gli opportuni riferimenti all’articolo 189 (scambio di scritti conclusivi) e all’articolo 275 bis (discussione orale davanti al collegio).

Lettere l) e m)

L’articolo 189 c.p.c. è stato modificato al fine di prevedere, per le cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, che sia fissata un’udienza, detta di rimessione della causa al collegio per la decisione rispetto alla quale decorrono, a ritroso tre termini, rispettivamente per la precisazione delle conclusioni, per il deposito delle conclusionali e delle memorie di replica. Tali termini possono essere oggetto di rinuncia ad opera delle parti. In tal caso il giudice può immediatamente trattenere la causa in decisione. Tale modello di fase decisoria, in attuazione del medesimo principio di delega, è stato attuato anche per l’appello.

L’inserimento, nell’articolo 189 dei termini di deposito degli scritti difensivi finali ha comportato poi l’abrogazione dell’articolo 190 c.p.c.

La modifica dell’articolo 183 c.p.c. ha imposto, infine, una modifica di mero coordinamento all’articolo 191 c.p.c.